Roma, 26 marzo 2012 - "Siamo a un risveglio amaro dopo favole rosa". Alla direzione del Pd, in Largo del Nazareno, tiene banco l'economia: "Gli aumenti Imu, Irpef e le altre tasse non vengono dal cielo, ma sono conseguenza del disastro Berlusconi-Tremonti-Bossi", annuncia Pierluigi Bersani. Situazione grave, accentuata dallo strappo del governo sulla riforma del lavoro, ma la lealtà del Pd all'esecutivo Monti non è in discussione: "Abbiamo preso l'impegno di sostenere il governo Monti fino al 2013 e intendiamo mantenerlo" assicura il segretario. Ma si sa che tra le intenzioni e i fatti talvolta possono manifestarsi  fratture. E Monti dall'Asia minaccia già di togliere il disturbo: "Non sopravvaluto le parole del premier - replica a stretto giro Bersani -. Gliel'ho sentite dire già una ventina di volte. Fa parte del ragionamento di una persona chiamata a risolvere dei problemi senza essersi candidata. Monti pone il tema di capire se ci sono le condizioni per governare. Io gli rispondo: ci sono".

PRIMA TWEET DIREZIONE - Intanto ogni parola del segretario va in diretta sul social network. Al punto che su Twitter l'hashtag #direzionepd porta il consesso democratico al secondo posto nella classifica giornaliera. Inevitabile l'ironia di ritorno della rete: "Organizzare direzione Pd per dire quello che poteva stare in 140 caratteri...". Già, perché? E ancora: "Tutti d'accordo in direzione, ma poi sui giornali...".
 

DOPPIO BINARIO - Il segretario detta la linea: ''Il Pd deve tenere insieme la connessione tra il sostegno convinto al governo che abbiamo voluto e il malumore, l'ansia di tanti cittadini spesso soli davanti alla crisi sociale che non ha ancora dispiegato tutti i suoi effetti". Poi entra nello specifico: "I nostri elettori devono avere chiaro ciò che stiamo facendo, non solo ciò che faremo. Alle paure della gente si deve rispondere trasmettendo sicurezza e unità".
 

INTERVENTO URGENTE - Il ringraziamento al capo dello Stato non induce la platea al rituale applauso. Un garbato segnale di distacco da King George? Nel Pd è la preoccupazione il sentimento prevalente. Preoccupazione per gli effetti della riforma del lavoro sulla gente e sugli equilibri interni. "Vogliamo approvare la riforma ma prima discutere in Parlamento e correggere alcune lacune. Che ci sono" rimarca il numero uno. La ricetta? Discutere, discutere, ancora discutere. E votare quando le asperità saranno appianate. "Non può esistere a nessun titolo, neanche nella chiave del licenziamento economico, una soluzione unicamente di monetizzazione" è il grido di battaglia democratico. Bersani preferirebbe la proposta Ichino (art. 18 depotenziato solo per i nuovi assunti), il resto del partito è più cauto, ma la nuova trincea in fondo non dispiace. L'importante è il metodo. "Ed evitare fughe in avanti" aggiunge Michele Meta senza citare l'area di Enrico Letta, troppo rapida nell'omaggiare la riforma.


MENO RISSE -  Bersani è lenitivo: "Proponiamo di abbassare i toni e di riflettere sui punti controversi" annuncia il segretario anche dopo le polemiche delle ultime ore con il Pdl e l'allarme di Casini per eccesso di conflitto che possa far saltare il banco. Un pizzico di autocritica e un suggerimento mediatico. "Non dobbiamo essere il partito delle cento voci, delle proposte estemporanee". Meglio un presidio chirurgico sul lavoro, "un tavolo con gruppi parlamentari e partito per seguire la riforma e tenere le relazioni con i soggetti sociali. Perché quando arriva il dunque noi stiamo coi lavoratori".

LEGGE ELETTORALE -  Ma non di sola economia vive l'uomo. E neppure il partito chiamato a serrare i suoi ranghi. La questione della riforma elettorale è un macigno sospeso nel vuoto. "Una nuova legge è prioritaria e indifferibile - informa Bersani -. Abbiamo depositato una nostra proposta", ma sul doppio turno "non si trovano convergenze". "Il segretario ritiri la bozza Violante" s'impunta Arturo Parisi. E dunque, nel caso tutto restasse sciaguratamente com'è, "il Pd - annuncia Bersani - attiverà meccanismi di partecipazione per la scelta dei parlamentari". Dopo le polemiche sulle primarie, un rischio forse eccessivo. "Le primarie per la scelta dei candidati alle politiche non mi convincono" s'inalbera Dario Franceschini. Il segretario guarda al futuro e suggerisce soluzioni correttive che rendano più efficaci i meccanismi selettivi e i raccordi di coalizione.

NESSUN ESODO - Il nuovo statuto, che sarà portato all'approvazione del Parlamentino democratico subito dopo le amministrative, potrà aiutare. Tanto - informa Velina Rossa - l'ala più centrista e liberal del partito non andrà da nessuna parte, "per mancanza di coraggio e per assenza di 'chiese' disposte all'accoglienza". Troppi candidati e pochi seggi (spesso insicuri). Meglio il calduccio democratico, pur con le sue contraddizioni che Bersani spiana con rullo di tamburi: "Solo il Pd è legittimato a parlare con Monti. Pdl e Lega devono stare zitti. Loro ci hanno portato in questa situazione".

DUBBI PDL - "E' Crozza o Bersani?" si chiede Massimo Corsaro a nome del Pdl. Corsaro punta su Crozza. Invece è Bersani: "Monti ascolti qualche buon consiglio.  Bisogna dare un messaggio al Paese, è necessaria una politica attiva per contrastare la recessione. E' decisivo che, in questa fase, ci sia un intervento, un allentamento del patto di stabilità almeno per i Comuni che hanno i conti in regola", con l'obiettivo di "assicurare i pagamenti della pubblica amministrazione" e in generale, "sostenere il lavoro e l'attività economica nell'ambito di una politica che pur guarda al rigore".

TRACCIATO CHIARO - Bersani chiude la sua relazione, poi approvata all'unanimità, lucidando la mission del Pd: "In una situazione difficile - si espone -, il Paese ha bisogno di percepire una guida politica e tocca a noi fornirla". Interagendo assieme alle altre forze di centrosinistra con "tutte quelle forze moderate e civiche che vogliono andare oltre il populismo e il berlusconismo che molti danni hanno portato al Paese". Forze moderate (Terzo polo) e civiche (ovvero tutto quanto è in ebollizione ai lati della casa madre ma fuori dai partiti). Milioni di voti da riconquistare nelle imminenti amministrative, anche a costo di velare insegne e simboli.

BIG COMPATTI -  "No alle correnti e agli attacchi personali - sintetizza Valter Veltroni -. Condivido con il segretario l'esigenza che la riforma del lavoro sia discussa e modificata in Parlamento per rendere più forte la capacità di stabilizzare i milioni di giovani italiani evitando contemporaneamente rischi inediti per i lavoratori più esposti all'instabilità''. "Sono molto d'accordo con l'intervento di Veltroni non solo nei contenuti ma anche nello spirito - raccoglie il testimone Massimo D'Alema -. Possiamo uscire da questa direzione più forti". Secondo il presidente del Copasir, "questo passaggio sulla riforma del lavoro era un agguato preparato, per introdurre un cuneo tra Pd e governo, isolare la Cgil e spaccare il Pd. Non ci sono riusciti". Una figura da "Willy il Coyote" sintetizza D'Alema che poi scherza con Rosi Bindi sulla ritrovata unità del Pd: ''Non vorrei si pensasse che stiamo scrivendo il libro Cuore''. La presidente puntualizza: "Purché sia chiaro che l'appartenza al campo progressista europeo va ben oltre la socialdemocrazia". Sandro Gozi, deputato peòn, twitta sconsolato: "Sembra di stare a Ballarò". La scena è tutta per i big: "Questi da soli non molleranno mai".