Napoli, 5 aprile 2012 - Inchiesta sulla Lega Nord e sul tesoriere Belsito, dimissioni del segretario Umberto Bossi: il partito è in ginocchio. Nella bufera spiccano gli atti dell'inchiesta, che arrivano filtrati dalla marea di intercettazioni completate dalla procure coinvolte. Ecco tutti i tasselli dell'inchiesta.

SOLDI IN NERO AL PARTITO - La picconata più forte arriva nel primo pomeriggio. Negli atti dell’inchiesta sul tesoriere del partito Francesco Belsito si parla "chiaramente del nero che Bossi dava tempo fa al partito". La circostanza emerge da una telefonata tra Belsito e la segretaria amministrativa del partito, Nadia Dagrada. Per gli inquirenti "ovviamente il significato del nero è riconducibile alla provenienza del denaro contante che può avere varie origini, dalle tangenti, alle corruzioni o ad altre forme di provenienza illecita e non tracciabile".

Stando agli atti, tale denaro "veniva poi elargito senza lasciare traccia a Bossi e ai suoi familiari". La telefonata intercettata risale a 29 gennaio 2012 e fa riferimento al fatto che Roberto Castelli (esponente della Lega Nord ed ex ministro) voleva controllare le spese, ma di questo bisognava "parlare col capo, per far allontanare Castelli" ed "evitare così i controlli sui conti sulle uscite fatte a favore di Bossi e dei suoi familiari".

Agli atti anche altre rivelazioni scottanti. In particolare la donna consiglia a Belsito di farsi tutte le copie dei documenti che dimostrano i pagamenti fatti a favore della famiglia Bossi e di Rosy Mauro e di nascondere gli originali in una cassetta di sicurezza. Nel corso del colloquio, poi, la dirigente amministrativa avverte: "quando esce una cosa di questo genere sei rovinato... il figlio di lui (di Bossi ndr) che ha certe frequentazioni... altro che Cosentino!’".

Tra i documenti sequestrati ieri a Roma nella cassaforte del tesoriere della Lega Francesco Belsito vi è un carnet di assegni che reca la scritta "Umberto Bossi". Il carnet, che è relativo al conto corrente della banca sul quale vengono versati i contributi per il Carroccio, e’ ora all’esame dei pm di Napoli e di Milano. Gli investigatori scrivono anche che dalle intercettazioni telefoniche emerge che il denaro sottratto alle casse della Lega è andato "a favore" tra gli altri di "Bossi Umberto" e "Calderoli Roberto".

CALDEROLI SI DIFENDE- "In relazione alle note di agenzie apparse questo pomeriggio desidero chiarire che svolgo da ormai 10 anni, e a titolo completamente gratuito, l'incarico di coordinatore delle segreterie nazionali della Lega Nord e che le risorse che ho ricevuto dal mio Movimento erano destinate a coprire le spese vive che sostengo per poter essere presente, per i miei numerosi incontri pubblici, su tutto il territorio nazionale". Lo afferma in una nota il coordinatore delle segreterie nazionali della Lega Nord, Roberto Calderoli. "Aggiungo, infine - prosegue - che i suddetti rimborsi spese ricevuti sono stati da me devoluti volontariamente a sostegno del mio Movimento!".

"I REVISORI FIRMAVANO SENZA GUARDARE" - Da una telefonata intercettata nell’ambito dell’inchiesta "si evince - come annotano gli investigatori - che i revisori dei bilanci della Lega non si sono 'mai visti' e che i bilanci vengono redatti da Nadia Dagrada ma che non vengono affatto revisionati". Il tema della telefonata, intercettata lo scorso primo febbraio e che vede come interlocutori Dagrada e Belsito, "scaturisce dalla richiesta di Castelli di sapere chi sono i revisori per avere informazioni". Dagrada chiede all’allora tesoriere del Carroccio: "Ma tu sai come funziona?". E Belsito replica: "E chi sono i revisori, che non abbiamo mai visto manco noi?". E più avanti, sempre Dagrada: "Se questo (Castelli) insiste e se poi va a prendere questi qua, questi qua vogliono iniziare a vedere le cose e tutto, che cosa fai? Adesso io gli preparavo tutta la relazione, gliela inviavo (ai revisori, ndr) e loro non facevano altro che firmarmela... Non guardavano un cazzo. Eh!".

RENZO BOSSI PORTO' VIA DEI DOCUMENTI - Dagli atti delle inchieste condotte a Milano, Napoli, e Reggio Calabria sull’ex tesoriere della Lega emerge che Renzo Bossi e la sua fidanzata Silvia Baldo "sono stati insieme alla sede della Lega di via Bellerio e si sono portati via i faldoni della casa per timore di controlli". E’ quanto emerge ancora da un’intercettazione tra Nadia Dagrada e Francesco Belsito. Secondo gli investigatori i faldoni della casa si riferiscono ai lavori di ristrutturazione, probabilmente dell’abitazione di Gemonio, che sarebbero stati pagati con i rimborsi elettorali della Lega. Renzo Bossi si è difeso così: "Non ho nascosto alcun faldone, un mese e mezzo fa ho preso nel mio ufficio in via Bellerio due raccoglitori relativi al mio conto bancario personale".

"'SILVIO' FECE BLOCCARE IL FASCICOLO" - Dagli atti delle inchieste condotte a Milano, Napoli e Reggio Calabria sull’ex tesoriere della Lega emerge un episodio legato a un presunto fascicolo formatosi sul figlio di Bossi che sarebbe stato 'affossato' da "Silvio". Al telefono con Francesco Belsito a parlare è Nadia Dagrada. La donna parla di un fascicolo e chiede. "è vero che continuano a dire ai magistrati di mettere sotto il fascicolo?... ma prima o poi il fascicolo esce".
Il riferimento, da quanto emerge, è a episodi di cui sarebbe responsabile il figlio di Bossi. Su questo fascicolo, secondo la donna, sarebbe "intervenuto più Silvio" che Umberto Bossi " so che ci sono di mezzo anche alti, alti Pd e non è che hanno detto chiudi il fascicolo, hanno detto 'manda, ci sono 50 fascicoli’ quello era il quinto. Gli hanno detto 'nizia a farlo scivolare ventesimo' e dopo è passato il tempo, si doveva andare a elezioni a marzo e hanno detto ‘inizia a metterlo quarantesimo, ma appena arriva l’ordine di tirarlo fuori... fuori tutto’... i fermi, l’utilizzo della macchina con la paletta, perché lui sulla macchina c’ha la paletta...".

GHEDINI: "BERLUSCONI NON C'ENTRA" - "Alcune agenzie di stampa nell’ambito delle indagini riguardanti la Lega Nord, prospettano che in un’intercettazione emergerebbe il nome ‘Silvio’ come colui che avrebbe tenuto fermo, tramite la magistratura, un procedimento penale nei confronti di Renzo Bossi. Il nome 'Silvio' viene accostato, sempre da alcune agenzie, al presidente Berlusconi. L’ipotesi è totalmente priva di fondamento e del tutto risibile". E' la precisazione del deputato Pdl e avvocato di Silvio Berlusconi, Niccolò Ghedini. "Che il presidente Berlusconi possa essere intervenuto con la magistratura per ottenere tale risultato - prosegue - è davvero impensabile. Non solo ciò non è mai accaduto, ma si tratta davvero di una supposizione irrealistica e fuori da ogni logica".

"O BELSITO PAGAVA O FIGLIO DI BOSSI IN GALERA" - Si parla di un rischio "galera" per Riccardo Bossi, uno dei figli del Senatùr, negli atti dell’inchiesta della procura di Milano che vede indagato il tesoriere del partito, Francesco Belsito. In una telefonata tra il tesoriere e la segretaria amministrativa Nadia Dagrada, lui esprime i suoi timori riguardo la possibilità di essere sostituito nel suo incarico e lei replica, dandogli dei consigli su cosa fare per non perdere il posto. La segretaria gli dice di andare a parlare con Umberto Bossi e di ricordargli quello che ha fatto per lui. "Gli devi dire: Capo io ti rammento solo una cosa, che in questi anni io ho dovuto tirare fuori, su vostra richiesta, per tua moglie, Riccardo, per Renzo, delle cifre che se qualcuno va a metterci mano... lui è nei guai... quelle sono cifre, o tuo figlio lo mettevano in galera", dice la Dagrada a Belsito e poi precisano che parlavano del figlio Riccardo.

LA CASSAFORTE E LA CARTELLA 'THE FAMILY' - Un altro colpo di scena riguardante le indagini sul tesoriere arriva dalla misteriosa cassaforte. Nella cassaforte del tesoriere della Lega {{WIKILINK}}Francesco Belsito {{/WIKILINK}},tra la documentazione contabile sequestrata ieri dai carabinieri del Noe e dalla Guardia di Finanza vi è anche una cartella con l’intestazione 'The family'.

Per gli inquirenti napoletani si tratterebbe di materiale "utile ai fini investigativi". L’attenzione degli inquirenti è concentrata soprattutto su una parte della documentazione contabile sequestrata, per verificare il sospetto che alcune somme distratte da Belsito siano state destinate a pagare spese dei familiari del leader del Carroccio, Umberto Bossi. L’inchiesta napoletana è coordinata dal procuratore aggiunto Francesco Greco e affidata ai pm Henry John Woodcock, Francesco Curcio e Vincenzo Piscitelli.

Secondo alcune intercettazioni dei carabinieri del Noe, Belsito avrebbe parlato anche di numerose "elargizioni" ai figli di Umberto Bossi e alla vicepresidente del partito, la senatrice Rosy Mauro, con i fondi distratti dalla tesoreria della Lega. Secondo indiscrezioni i fondi sarebbero stati usati, tra le altre cose, per pagare "i costi di tre lauree", il "diploma" del figlio di Bossi Renzo e ancora l’affitto di automobili per un altro figlio, Riccardo, fra cui una Porsche. Il tutto per una somma pari a circa 250mila euro, mentre altri 300mila sarebbero andati al Sinpa, il sindacato padano gestito dalla Mauro. Sempre secondo quanto pubblicato su alcuni quotidiani, al centro dell’interesse dei magistrati ci sarebbe anche un investimento di 6 milioni di euro fatto da Belsito su un fondo cipriota che, a sua volta, si appoggia su un fondo in Tanzania.

SPESE SANITARIE E MULTE - Anche ricevute e documentazione contabile riguardanti spese sanitarie e scolastiche dei familiari di Umberto Bossi sono state sequestrate ieri a Roma nella cassaforte di Francesco Belsito, ex tesoriere della Lega Nord. Noe e Guardia di Finanza hanno trovato, secondo quanto si è appreso, la ricevuta relativa a un intervento di rinoplastica a cui si sottopose Sirio, uno dei figli di Bossi, e documenti riguardanti il pagamento di multe per Renzo Bossi. Tra i pagamenti risultano anche l’assicurazione per l’abitazione dei Bossi a Gemonio e le spese - 20mila euro - per il tutor di Renzo.