Roma, 27 aprile 2012 - Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del ministero della Salute con la lista dei farmaci che perdono l'obbligo di ricetta e che quindi potranno essere venduti, oltre che in farmacia, anche in parafarmacia e nei corner della Gdo (Grande distribuzione organizzata). Si tratta di 230 medicinali. Il provvedimento - oltre a redigere anche l'elenco dei prodotti che, viceversa, continueranno a essere venduti esclusivamente nelle farmacie - contiene una lista di 117 farmaci per i quali l'obbligo di ricetta medica permane provvisoriamente, in attesa delle valutazioni della commissione consultiva tecnico scientifica dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa). Fra questi ultimi, numerosi antimicotici e antinfiammatori di largo consumo.
 

BALDUZZI DOCET - La pubblicazione arriva nove giorni dopo la firma del decreto da parte del ministro della Salute, Renato Balduzzi. Il provvedimento dà attuazione a quanto previsto dall'articolo 32 del decreto legge 'Salva-Italia' sul regime di vendita dei farmaci di fascia C, a totale carico del cittadino. Il decreto, adottato a seguito delle valutazioni tecniche compiute dall'Aifa, prende in considerazione tutti i medicinali di classe C finora vendibili soltanto dietro presentazione di ricetta medica.
 

GLI INTOCCABILI - Il testo individua innanzitutto, come richiesto dal legislatore, i medicinali che dovranno continuare a essere venduti su ricetta medica e che pertanto i cittadini potranno trovare solo nelle farmacie. La maggior parte di questi farmaci appartiene alle 4 categorie di medicinali per le quali è stato lo stesso decreto legge a escludere la possibilità del passaggio alla vendita senza ricetta: farmaci stupefacenti, iniettabili, medicinali del sistema endocrino e tutti i medicinali per cui è previsto il più rigoroso regime della vendita dietro presentazione di ricetta medica da rinnovare volta per volta.
 

GLI ALTRI - Per altri farmaci, riportati in una specifica lista allegata al decreto ministeriale, viene invece riconosciuta la possibilità di vendita senza ricetta anche negli esercizi commerciali previsti dal decreto Bersani del 2006 (parafarmacie, corner della grande distribuzione, eccetera). Questa lista contiene 230 medicinali, con la specificazione del principio attivo e del marchio di fabbrica.
 

POMATE E COLLIRI - I cittadini d'ora in poi potranno trovare anche negli esercizi diversi dalle farmacie medicinali finora riservati a queste ultime fra cui pomate e "prodotti di largo uso come antivirali per uso topico a base di aciclovir, antimicotici vaginali a base di econazolo, antimicotici locali a base di ciclopirox, prodotti per la circolazione, come i farmaci a base di diosmina, colliri antiallergici e antiinfiammatori per uso topico".
 

FARMACISTI SODDISFATTI - "Bisogna dare atto al ministero della Salute e all'Aifa di aver operato la scelta dei farmaci che perderanno l'obbligo della prescrizione medica con molto equilibrio, tenendo presenti le effettive necessità del cittadino in termini di automedicazione, evitando fughe in avanti che pure qualcuno auspicava". Questo il commento del presidente della Federazione degli ordini dei farmacisti (Fofi), Andrea Mandelli: "Come avevamo detto a suo tempo, questo delisting comporta un'ulteriore riduzione del fatturato delle farmacie convenzionate. Come professionisti, sottolineiamo poi come l'aumento dei medicinali la cui dispensazione è affidata alle indicazioni del farmacista renda ancora più importante la sua opera di consiglio del cittadino e renda ancora più evidente la necessità di non abbassare la guardia sulla farmacovigilanza".
 

PARAFARMACISTI INFURIATI - "La montagna ha partorito il topolino", commenta il presidente della Forum nazionale delle parafarmacie, Giuseppe Scioscia, la selezione dei 230 farmaci appena resa pubblica. "Non capiamo assolutamente quali criteri siano stati adottati - prosegue - per stilare una simile lista: questo 'delisting' infatti porta in parafarmacia una manciata di prodotti in larga parte già nelle nostre disponibilità. Eppure noi operiamo, per legge, nel pieno rispetto degli identici standard che valgono per le farmacie. Perché perpetuare una tale discriminazione? Non ci resta che constatare con amarezza l'ennesima presa in giro. Purtroppo neanche il governo dei tecnici è stato in grado di vincere i medievali privilegi dei titolari di farmacia privata italiana".
 

PREZZI IMMUTATI - "Un decreto anti-liberalizzazione che mantiene lo status quo ad appannaggio delle farmacie ed è persino peggiorativo rispetto alla situazione precedente". E' una bocciatura senza appello il giudizio di Coop, prima catena della grande distribuzione in Italia che ha nella sua rete 105 corner salute, sul delisting relativo alla vendita dei farmaci di fascia C fuori dal circuito delle farmacie. "Per i consumatori - si legge in una nota - nessuna boccata d'ossigeno e nessuna diminuzione di prezzo dei farmaci per non aver messo in campo i veri canali alternativi che sarebbero stati la distribuzione moderna e le parafarmacie. Si è gettata alle ortiche una liberalizzazione che solo nel settore dei farmaci di fascia C avrebbe potuto generare una riduzione dei prezzi per un valore di 250 milioni complessivi a beneficio dei consumatori".
 

'SOLO 136' - Coop contesta anche i numero comunicati dal Ministero. "Non 230, ma al netto solo 136 farmaci vendibili. A conti fatti appena il 6% delle vendite della fascia C esce fuori dal circuito esclusivo delle farmacie. Al danno si aggiunge anche la beffa contenuta nel regolamento attuativo anch'esso appena emanato che ridefinisce i requisiti strutturali dei corner alla stessa stregua di una farmacia con inevitabile aumento dei costi di investimento e gestionali". "Ovvero, sintetizzando - aggiunge la Coop - siamo uguali alla farmacia per la struttura dell'esercizio, lavorano da noi farmacisti laureati e abilitati alla professione (solo in Coop sono circa 300), ma non possiamo fornire lo stesso servizio e siamo confinati a somministrare medicinali da banco, farmaci veterinari e ora una esigua gamma di farmaci di fascia C. Il tutto oltre a essere paradossale va esattamente in direzione contraria a quanto significa liberalizzare, ovvero aprire mercati chiusi. Prendiamo atto che questo Governo non è stato messo in grado di agire al meglio sul versante liberalizzazioni. Da parte nostra continueremo a impegnarci perché quanto è stato realizzato finora possa avere ulteriori sviluppi, così come ci chiedono i nostri oltre 7 milioni e mezzo di soci consumatori".