Roma, 8 maggio 2012 - Venti greci spirano sulla politica italiana. I risultati delle amministrative (si votava in 941 comuni, di cui 26 capoluoghi), il calo dell’affluenza alle urne (meno 6,8% rispetto al 73,7 di cinque anni fa, con emblematico record negativo all’Emilia-Romagna: meno 10,9%) e la massiccia affermazione dei dieci referendum ‘anticasta’ in Sardegna (dall’abolizione delle province, al taglio degli stipendi per gli eletti) convergono su una medesima tesi: monta in Italia — come in Grecia, appunto — un forte sentimento antipartitocratico, chi sostiene il governo e le sue riforme paga dazio, chi agita ricette alternative possibilmente ‘entieuropee’ prende voti. Il Pdl ne esce con le ossa rotte. Il Pd guadagna posizioni rispetto al 2007, ma solo quando si allea a sinistra e, come nel caso di Genova dove è in testa al ballottaggio, si presenta con candidati più radicali dei propri. Il Terzo polo scompare.

Alfano e Bersani giurano che non intendono mettere il governo Monti in crisi, ma potrebbero infilarlo in congelatore: tenerlo in vita, inibendogli però ogni riforma in parlamento. E se la vera novità di ieri è l’affermazione del movimento 5Stelle di Beppe Grillo, emblematico appare il risultato di Palermo. Per due ragioni ‘epocali’: per la prima volta da vent’anni a questa parte la mafia non si è schierata; il già quattro volte sindaco Leoluca Orlando ha sfiorato la vittoria al primo turno nonostante fosse sostenuto solo dall’Idv (sempre più simile a una “Lega del Sud”). E al ballottaggio trionferà, continuando a menar schiaffi tanto a destra (Berlusconi) quanto a sinistra (Bersani).

Si conferma così, e si amplifica, il dato registrato alle amministrative dello scorso anno: a vincere sono i candidati “diversi”, quelli più evidentemente estranei al sistema dei partiti. I grillini, soprattutto. Che si aggirano ben oltre il 10% dei voti, che in alcune realtà importanti come Parma (dove il loro candidato andrà al ballottaggio) oscillano attorno al 20 e che per la prima volta verranno messi alla prova del governo.

Ad esempio a Sarego, comune del vicentino dove al grido di «è solo l’inizio» Grillo saluta il primo sindaco stellato. Quanto alla Lega, altro movimento ‘contro’, la vittoria al primo turno del sindaco maroniano di Verona Flavio Tosi nasconde un’empasse. Le inchieste giudiziarie e le divisioni interne fanno perdere colpi in Lombardia, dove il Carroccio non elegge neanche un sindaco al primo turno e, poiché i simboli contano, perde la ventennale egemonia nel paese di Bossi, Cassano Magnano. Per Maroni va bene così. Da Verona, dice, nascerà «una fase nuova».

Difficile dire quale fase abbiano in mente i dirigenti del Pdl. Per ammissione del segretario Alfano, il partito paga i vertici col Pd e il sostegno a Monti. {{WIKILINK}}Berlusconi {{/WIKILINK}} ieri era volutamente lontano: a Mosca da Putin. Ma non ha perso occasione per smentire il ‘suo’ segretario: altro che sconfitta, «temevo peggio», ha detto.

Spera di recuperare il rapporto con Lega e Udc. Il modello è Gorizia, dove i tre partiti uniti hanno vinto al primo turno. Berlusconi e i suoi chiedono ora al governo maggiore rispetto per le proprie tesi. Lo fa anche il Pd, ma con toni meno minatori e senza che alcun dirigente teorizzi l’opportunità di staccare la spina a Monti come invece fanno diversi ex An del Pdl.

Per Bersani, infatti, gli elettori del Pd «hanno capito» che Monti andava sostenuto. L’hanno capito, ma votano candidati che non lo sosterrebbero mai. Perciò, per rendersi più cool, Bersani rilancia su legge elettorale e finanziamento ai partiti. E mentre D’Alema apre all’alleanza con Vendola e Di Pietro, lui parla a Casini. Il solito, democratico, strabismo. Nota a margine: se ieri si fosse votato per le politiche con il sistema elettorale ipotizzato dai partiti maggiori, non ci sarebbe stato un vincitore. Come in Grecia.

di Andrea Cangini