NON È PIÙ tempo di Vaffa day per gli eletti sotto il marchio a 5 stelle. Dal trono intangibile della Rete Beppe Grillo continua a scomunicare gli amministratori sgraditi (Tavolazzi), a lanciare avvertimenti ai consiglieri un po’ troppo autonomi (Favia). Arriva a colpire il ‘figlio’ più promettente, il sindaco di Parma Pizzarotti, reo di aver detto che le elezioni le ha vinte lui, non i cittadini, come sostiene Grillo, né tantomeno Grillo, come dicono i duri e puri del movimento. Libertà di critica, libertà di distruggere senza fine. Nel nome della democrazia del web, del tutto e del nulla. Solo che loro, i sindaci che ora dovranno tradurre in scelte e atti amministrativi le idee (anche condivisibili) di un non-partito senza statuto e auto-finanziatosi, non possono più permettersi il lusso demagogico dei vaffa. Mentre i partiti tradizionali cadono come foglie d’autunno (copyright Grillo) è questa la prova più dura per le creature politiche del re dell’antipolitica. Sapranno svezzarsi dal loro guru? Avrà, Pizzarotti, il coraggio di sfidare la potente Casaleggio associati (società che cura la comunicazione di Grillo) se vorrà utilizzare la professionalità di uno ‘scomunicato’? Fermerà davvero, come promesso, un inceneritore sul cui stop grava una penale milionaria?

MA NON È TUTTO. Se dopo Stalingrado-Parma arrivasse Berlino-Roma, le contraddizioni del Movimento 5 stelle esploderebbero. Quella personale di Grillo, innanzitutto. Il suo giocattolino, stimato al 14% di voti, trae la propria forza da un leader carismatico che però, per diktat autoimposto, non potrà mai aspirare ad alcuna carica pubblica a causa di una condanna per un incidente automobilistico. Eppure il blogger più potente d’Italia — che un tempo faceva ridere il pubblico demolendo i computer a colpi d’ascia — gioca con l’ambiguità del suo ruolo. Disse che non avrebbe mai fondato un partito, ma arrivarono le liste civiche. Ha promesso che espatrierà se l’M5stelle approderà in Parlamento, ma dall’autunno scorso ha moltiplicato gli appelli per dare l’assalto al Parlamento. Ha annunciato le primarie online per selezionare i candidati, ma se un amministratore grillino accoglie il curriculum di un aspirante collaboratore sono guai. Per non parlare di quello che accadde a un consigliere che osò solidarizzare con un giornale in crisi che riceveva finanziamento pubblico. La parola di un leader carismatico non si può mettere in discussione. Come nella peggiore partitocrazia. Ma allora che razza di democrazia è?