di Giuseppe Turani

Roma, 27 agosto 2012 - Se si vuole riassumere la prossima rentrée, l’autunno che arriva, in due sole cifre, purtroppo, si fa presto: 70-80 mila posti di lavoro persi ogni mese e 10 mila aziende scomparse ogni trenta giorni. Si tratta di cifre che possono anche dare i brividi, ma è quello che è successo negli ultimi mesi: la media è quella e non migliorerà da qui a Natale. D’altra parte, l’economia italiana quest’anno conoscerà un arretramento del 2,5 per cento, uno dei più consistenti della sua storia recente.

La produzione industriale (secondo i dati di Consensus, media fra 11 centri di analisi e previsione) arretrerà quest’anno del 6,3 per cento. In queste condizioni è evidente che si perderà occupazione. D’altra parte, la crisi è chiarissima, se solo la si vuole vedere: il mercato dell’auto è tornato ai livelli del 1979, cioè di trent’anni fa. Quindi va male l’auto italiana, ma anche quella francese e anche quella della Opel tedesca.

Impossibile che l’occupazione non ne risenta. Sarà quindi una rentrée durissima. E, purtroppo, non ci sono soldi per alleviare un po’ il disagio sociale che ne deriverà. I sindacati fanno benissimo a essere molto preoccupati. E’ persino possibile che la realtà vada anche oltre le loro paure. Ma sbagliano quando pensano di esorcizzarle con qualche sciopero generale. Non servirebbero a niente

 L’unica cosa da fare sarebbe quella di mettersi intorno a un tavolo, con governo e Confindustria, e vedere, concretamente, che cosa si può fare per evitare il peggio, mettendo in campo tutto quello che si può sul piano dell’assistenza. Senza pensare che qualcuno abbia la bacchetta magica. La produzione arretra perché il mercato non compra e d’altra parte non ci sono soldi per incentivare i consumatori. La crisi, insomma, esiste, quest’anno è molto forte e andrà vissuta fino in fondo. Inutile anche sperare che gli interventi del governo (dalla riforma Fornero del lavoro in avanti) possano cambiare qualcosa: si vedrà l’anno prossimo.

Per ora, i quattro mesi da settembre a dicembre sono già segnati. Ma anche sul 2013 non ci sono orizzonti rosa. In sostanza, passeremo da un forte recessione a una moderata recessione. Ma con effetti nulli sull’occupazione. Solo nel 2014 avremo una debolissima ripresa (inferiore allo 0,5 per cento) con un quasi simbolico aumento dell’occupazione.