Roma, 22 settembre 2012 - Tre giorni fa, quando stava scoppiando lo scandalo della Regione Lazio, il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, ha annunziato la presentazione di un progetto di «federalismo a geometria variabile».

Vedremo cosa prevede. Ma intanto dobbiamo prendere atto che anche gli scandali regionali di abuso del denaro pubblico sono a geometria variabile. Partono dalla Regione Lombardia, investono in modo fragoroso la Regione Lazio, potrebbero esplodere nella Regione Campania, arrivano in Sicilia. Qui, per ora, tutto è stato messo a tacere, ma la resa dei conti arriverà dopo le elezioni d’ottobre. E dove lo scandalo non è esploso, le notizie di sprechi e di allegra dissipazione del denaro pubblico sono all’ordine del giorno.

Di nuovo con bipolarismo territoriale condiviso che parte da Aosta e arriva a Reggio Calabria. E’ indubbio che il decentramento amministrativo e il federalismo siano due cose diverse. Il primo è stato pensato dai Costituenti come la via per avvicinare l’amministrazione ai cittadini. Questi dovrebbero essere controllori e giudici dei servizi erogati, ma la responsabilità fiscale resta quasi tutta dello Stato. Il secondo va ben al di là, perché si compone di ambiti di autonomia politica e di capacità impositiva assai ampi. Il refrain leghista ci ha ripetuto fino alla nausea che il cittadino che paga le tasse pretende anche il ritorno in servizi adeguati. Se non ci sono, punisce gli eletti mandandoli a casa. Di fronte alle vicende romane, milanesi e palermitane di questi giorni e di questi mesi sembra proprio che si tratti di retorica. Stiamo assistendo al dilagare del corto circuito fra cittadini e politica, a tutti i livelli.

Il bubbone è esploso al centro, ma pensare che la periferia sia esente da peccati suona sarcastico. Ovunque assistiamo a casi nei quali il confine fra la corruzione, l’abuso e lo sperpero del denaro pubblico è labile. Comunque tutto rinvia alla autoreferenzialità delle classi dirigenti, siano esse nazionali o decentrate. La democrazia non funziona, soprattutto nella sua primaria funzione di controllo dal basso e di capacità di premiare e punire con quel potere sanzionatorio che risiede nella sovranità popolare. Prima di parlare di progetti federali e di nuovi decentramenti, dunque, — lcon buona pace del presidente del Veneto — debbono essere pensate nuove forme di controllo dell’uso del denaro pubblico e di garanzia, alla periferia come al centro.