ROMA, 16 ottobre 2012 - Approda finalmente nell’aula del Senato il ddl anticorruzione, ma nonostante mesi e mesi di trattative, di emendamenti e subemendamenti, la partita è ancora aperta: al punto che stamattina il ministro della Giustizia {{WIKILINK}}Paola Severino {{/WIKILINK}}vede i rappresentanti dei gruppi di maggioranza in commissione Giustizia alla Camera.

Se il Governo mette la fiducia al Senato per la Camera il provvedimento, è la richiesta sottesa all’incontro, deve passare così com’è alla Camera, dove arriverà in quarta lettura, e visto che “il testo al Senato è sufficientemente condiviso ora”, come lei stessa ha sottolineato nell’intervista di domenica su Sky, si può e si deve evitare “un ping pong devastante” (ancora parole sue) tra i due rami del Parlamento.

Tutto ciò accade mentre il presidente del Consiglio{{WIKILINK}} Mario Monti {{/WIKILINK}}sbandiera il ddl come una delle due “grandi priorità” per il Governo, insieme alla guerra all’evasione fiscale: “Stiamo facendo progressi - ha spiegato al quotidiano inglese Independent - con la legge anti-corruzione, che includerà misure per garantire che nessun condannato per reati gravi possa partecipare alle elezioni locali e nazionali”.

Rimangono inevase le richieste avanzate da larga parte della magistratura  per l’introduzione di norme su autoriciclaggio, falso in bilancio, prescrizione allungata. E ieri Magistratura democratica ha rilanciato l’appello al legislatore perché “rifletta” sugli effetti che il ddl avrà sui processi in corso, in particolare quelli per concussione per induzione, profilo di reato modificato nel testo all’esame del Parlamento. Anche se la voce ufficiale dell’Anm incoraggia il Governo: “Non fare nulla - hanno spiegato - sarebbe un pessimo segnale per i cittadini. La legge in discussione è un primo passo utile, anche se incompleto. E’ un primo passo di un percorso che deve subito proseguire con riforme ulteriori”.

Politicamente, Severino deve fare i conti con il malumore di una parte del Pd, che giudica deludente l’ultima tornata di modifiche al Senato, con le concessioni alle richieste del Pdl sul traffico di influenze illecite e le modifiche alle norme sui magistrati fuori ruolo, che però “non possono essere”, dicono fonti parlamentari piddine, il ‘core business’ della battaglia democratica sulla giustizia.

Ma in realtà a frenare clamorosamente i tempi di lavorazione del provvedimento è stato nelle ultime settimane il nodo dei magistrati fuori ruolo: al Senato l’emendamento Giachetti che limita la durata delle ‘carriere parallele’ delle toghe è stato rivisto con l’inserimento di numerose deroghe, ma anche reso più stringente per la magistratura amministrativa. I cui rappresentanti hanno iniziato un pressing a tutto campo, visibile a occhio nudo la scorsa settimana nei corridoi di palazzo Madama. E il cui effetto è stato sintetizzato con chiarezza, qualche giorno fa, da un commento di Carlo Vizzini, presidente della commissione Affari costituzionali del Senato: “Abbiamo un problema, ma ne parleremo in aula...”..