Per capire fino in fondo la furibonda reazione del Pdl alla decisione del governo di programmare per il 10 e l’11 febbraio le elezioni in Lombardia, Lazio e Molise bisogna conoscere un piccolo retroscena. Martedì sera a ‘Porta a porta’ si incontrano Alfano e Renzi. La registrazione degli spot e dell’anteprima comincia alle 19.31. Dopo dodici minuti c’è un brevissimo break e alle 19.47 parte la registrazione del programma. Alle 20.03 l’agenzia Ansa comunica che le elezioni regionali di Lombardia, Lazio e Molise si terranno il 10 e l’11 febbraio.

Fino alle 19.47 Alfano era raggiungibile e se il ministero dell’Interno dice di non avergli potuto parlare perché il segretario del Pdl era impegnato a ‘Porta a porta’ deve averlo fatto solo qualche minuto prima che il comunicato fosse passato alle agenzie. Ne deriva che il segretario di quello che - bene o male - è tuttora il partito di maggioranza relativa non è stato consultato su una decisione di notevole rilevanza. Al massimo, gli era riservata una comunicazione di cortesia qualche istante prima che la notizia diventasse di pubblico dominio. Quando più tardi, nel corso della trasmissione, ho comunicato la decisione del ministro dell’Interno, Alfano è rimasto spiazzato, ma non l’ha commentata. Solo a registrazione finita ha detto a me e ad altri giornalisti che aveva avuto fino a quel momento dal governo un affidamento opposto: le elezioni nelle tre regioni si sarebbero tenute in aprile insieme con quelle politiche.

Alla luce di questa ricostruzione, si comprende meglio la durissima reazione del Pdl nelle ore successive e la minaccia, confermata anche ieri, di aprire la crisi di governo. È evidente che questa improvvisa decisione rischia di compromettere ulteriormente le sorti del Pdl e mette in fortissima difficoltà anche l’Udc. Alfano ha appena avviato, faticosamente, un percorso nuovo. Ha bisogno delle primarie per legittimarsi definitivamente uscendo dalla tutela di Berlusconi. Ha bisogno di tempo per verificare, anche alla luce di una nuova legge elettorale, la possibilità di aprire un dialogo con Casini e le altre forze centriste. Un discorso simile vale anche per il leader dell’Udc che ha qualche difficoltà ad entrare nella nuova Unione di Bersani, accanto a Vendola e probabilmente a Diliberto. L’accelerazione imposta dal governo li spiazza. Una netta vittoria del centrosinistra nelle tre regioni finora guidate dal centrodestra indebolirebbe fortemente il Pdl trasformando la successiva campagna elettorale in una sanguinosa formalità. Si aggiunga che tenendo distinte le due date elettorali (febbraio le regionali, aprile le politiche) comincerebbe da domani una campagna elettorale lunga quasi cinque mesi con una totale paralisi governativa. Si sa che Monti è perplesso sulla forzatura compiuta dal suo ministro dell’Interno e cercherà un accordo. La riduzione del danno per il centrodestra sarebbe un accorpamento delle elezioni se non ad aprile a marzo. Ma Napolitano vuole che si voti per le politiche ad aprile: non vuole essere lui a dare l’incarico al nuovo presidente del Consiglio. La soluzione più ragionevole sarebbe dunque di riportare per tutti il calendario ad aprile. Ma ci starà Bersani che ha appena incamerato una robusta vittoria?