Milano, 1 dicembre 2012 -  Cinque ore di vertice non bastano a sciogliere i nodi sul futuro del Pdl e sulle prossime mosse del Cavaliere. Tanto che dopo il lungo faccia a faccia tra Silvio Berlusconi e Angelino Alfano, presente anche il ‘mediatore’ Gianni Letta, l’unica certezza, paradossalmente, sembrano essere le primarie, il cui destino è ormai segnato e resta sì appeso all’ufficio di presidenza (non ancora convocato) ma che il segretario oggi conferma con forza: “nessuna marcia indietro”.

Per il resto, ad Arcore sembra svolgersi un dialogo quasi ‘tra sordi’, o forse tra due persone che hanno già imboccato strade diverse. Sì perché se Alfano tiene il punto sul partito, non cede alle ‘sirene’ berlusconiane e dice chiaramente all’ex premier di lottare per l’unità del Pdl, Berlusconi non svela tutte le sue carte, non annuncia chiaramente la volontà di ricandidarsi alla premiership e non smentisce l’intenzione di ritirare fuori dal cilindro Forza Italia.

Insomma, chi si aspettava il redde rationem tra il fondatore del Pdl e il suo delfino resterà deluso. Perché né il segretario né tantomeno il Cavaliere vogliono andare allo strappo traumatico. In realtà, viene spiegato, l’ex premier sarebbe anche pronto a liquidare il Popolo delle Libertà e tornare in campo con la nuova Forza Italia, ma non vuole essere additato come il responsabile di una frattura irreparabile, convinto che alla fine l’ex Guardasigilli farà il grande salto per seguirlo.

Invece Alfano non molla di un millimetro la sua posizione, forte del sostegno dei ‘quarantenni’ - tranne rare eccezioni - dell’area cattolica e ciellina. Idem per gli ex An - meno granitici La Russa e Corsaro - che non ci pensano proprio a traslocare armi e bagagli in un ‘recinto’ residuale, per di più dovendosi dividere i voti e lo spazio con Storace.

Silvio, è il succo del ragionamento del segretario, rinnoviamo insieme il partito, rilanciamolo con un nuovo nome e simbolo, con facce nuove e un programma chiaro da presentare agli italiani, non possiamo lasciare praterie aperte a Casini e Montezemolo. Ma se vuoi far rinascere Forza Italia, sei pienamente libero, ma sappi che io non ti seguirò. Berlusconi ascolta, perora nuovamente la causa della ncessità di uno chock non più procrastinabile, punta il dito contro lo sfaldamento del Pdl che così non ha nessuna chance di ottenere cifre a due numeri alle politiche. Torna ancora una volta a lamentare le troppe divisioni interne, quell’amalgama tra diverse anime che non è mai giunta a un vero compimento.

Quindi, è la conclusione del discorso, l’unica posibilità per non scomparire è un divorzio consensuale, resettare tutto e presentarsi alle urne con una federazione: Angelino vieni con me, sei una risorsa e continuerai a svolgere il tuo ruolo.

Ovviamente, il ragionamento dell’ex premier regge se si andrà al voto con il Porcellum. Ed è sulla riforma elettorale che si consumano le divisioni più nette: Berlusconi vuole poter scegliere lui le candidature e presentare agli elettori una nuova Forza Italia federata con una nuova Destra, senza pregiudiziali contro la sopravvivenza del Pdl, ridotto però a una sorta di contenitore vuoto, dove ‘parcheggiare’ gli ‘indesiderati’. Uno schema che non trova l’appoggio del segretario, convinto invece che solo rilanciando uniti il partito si può sperare di contenere i danni. Ed è proprio sul sistema di voto che si giocherà la vera battaglia, accanto a quella sull’elction day, con il Pdl pronto a ipotizzare una crisi di governo se l’esecutivo non cambierà rotta.

Per Berlusconi e Alfano, viene riferito, si può anche indire l’election day a febbraio, con lo scioglimento delle Camere prima di Natale. Ma questa appare un’ipotesi ardua da realizzarsi, troppi i provvdimenti urgenti ancora da approvare in Parlamento. Certo è che la data del voto diventa uno strumento prezioso per i piani del Cavaliere: se la situazione dovesse precipitare, infatti, mancherebbe il tempo di fare una vera riforma e si tornerebbe alle urne con un semplice ritocco del Procellum, a tutto vantaggio dei progetti berluconiani, con buona pace delle primarie che, però, Alfano rilancia, nonostante le ribadite perplessità dell’ex premier: le annullo se ti candidi, altrimenti dobbiamo andare avanti.

E poiché Berlusconi si guarda bene dallo svelare le sue intenzioni (“candidarsi è una sua scelta che oggi non mi ha manifestato formalmente”, riferisce lasciando Arcore), ecco che si riaffaccia la possibilità di spostare le consultazioni popolari a gennaio o al massimo a febbraio, anche se l’ultima parola spetterà al ‘parlamentino’, che il segretario vorrebbe si riunisse in settimana, mentre i più maliziosi nel Pdl sono pronti a scommettere che il Cavaliere prenderà ancora tempo per ‘sabotare’ anche lo slittamento delle primarie. E spunta anche la proposta di una conferenza programmatica da fare al posto della competizione interna.

Nel partito c’è chi legge il ‘silenzio’ berlusconiano sul prossimo futuro come una strategia volta al ‘logoramento’: lascerà, è la convinzione, che ci ammazziamo tra di noi per poi fare del Pdl ciò che vuole. Ma c’è chi, tra i fedelissimi del Cavaliere, è certo che il ‘grande passo’ è imminente, Berlusconi vuole solo vederci chiaro sulla riforma elettorale e poi scoglierà ogni dubbio.