Roma, 25 febbraio 2013 - "Il centrosinistra ha vinto alla Camera e per numero di voti anche al Senato. E’ evidente a tutti che si apre una situazione delicatissima per il Paese. Gestiremo le responsabilità che queste elezioni ci hanno dato nell’interesse dell’Italia”. Cosi’ Pier Luigi Bersani ha commentato il risultato delle elezioni.

LO CHOC - E’ stato un risveglio brusco quello del Pd, i sondaggi, ancora alle 15 di ieri, avevano illuso che la vittoria fosse a portata di mano e invece alla Camera c’è stato il bis del 2006, una vittoria sul filo di lana, mentre al Senato è andata anche peggio, visto che palazzo Madama è al momento ingovernabile. Pier Luigi Bersani è rimasto tutto il giorno chiuso nella sua casa romana, a poche centinaia di metri dal Senato, mentre al partito Massimo D’Alema, Dario Franceschini, Anna Finocchiaro e gli altri dirigenti del partito attendevano i risultati veri, dopo quegli ‘instant poll’ che avevano fatto sperare alla chiusura dei seggi. Adesso, la linea Maginot del segretario è rivendicare la vittoria numerica e dare la colpa alla legge elettorale.

Archiviata rapidamente l’ipotesi di chiedere un rapido ritorno al voto, nel partito adesso si aprirà una discussione sulla linea da tenere di fronte allo scenario imprevisto che ci si trova di fronte: Bersani intende innanzitutto saggiare l’atteggiamento dei grillini in Parlamento, ma il risultato deludente ottenuto agita il partito e non è da escludere che di qui a poco vengano convocati anche gli organisimi dirigenti per valutare la situtazione.

La vittoria alla Camera al foto-finish evita una debacle che sarebbe stata clamorosa, ma diversi, per ora sottovoce, mettono sotto accusa la strategia seguita. Soprattutto, adesso diventa complicato escludere con nettezza quella grande coalizione che Bersani non vuole nemmeno sentire nominare, come ricordava oggi Matteo Orfini, membro della segreteria: "Nessuna grande coalizione, in nessun caso", diceva.

Peccato che l’alternativa rischiano di essere solo le elezioni, se non dovesse funzionare lo 'scouting' tra i grillini evocato nei giorni scorsi dal segretario. In realtà, nel 2006 Prodi non riuscì a governare, e faticosamente, per più di due anni, pur avendo una risicata maggioranza e allo stato sono molti, ai vertici del Pd, ad essere poco convinti del ‘soccorso a cinque stelle’. Anche perché ci sarà da valutare la reazione dei mercati alla situazione di stallo, lo scenario più temuto dagli investitori.

Come ha detto il vice-segretario del partito Enrico Letta, "bisogna andare passo dopo passo", è davvero impossibile prevedere come evolverà la situazione. Il vicesegretario sottoliena: "Abbiamo fiducia che il Capo dello Stato possa aiutare a trovare la soluzione migliore in questo momento complesso". Bersani e Vendola hanno evidentemente deciso di rivendicare la vittoria alla Camera per provare ad avere la prima parola al Quirinale, ma gli esiti della partita sono imprevedibili. Certamente, il Pd si appresta a puntare il dito contro la legge elettorale, ma appare anche improbabile, allo stato, immaginare di poter fare in poche settimane e con un Parlamento dove Grillo è il primo partito, quella riforma che non è stata fatta in più di un anno sotto il governo tecnico. E se i malumori per ora restano confinati nell’anominato, è un dato di fatto che il Pd alla Camera ha preso circa 3,5 milioni di voti in meno del 2008, quando Berlusconi era al massimo e il centrosinistra perse. Un dato che, a un certo punto, qualcuno comincerà a far notare.