Roma, 26 marzo 2013 - Un “comportamento profondamente lesivo dei miei diritti e della mia immagine”. Così il procuratore capo di Torino Gian Carlo Caselli giudica quello tenuto ieri dal presidente del Senato, Pietro Grasso, ospite di Piazzapulita. Caselli, dunque, chiede al Csm di essere “adeguatamente tutelato”.

“Grasso - scrive il procuratore Caselli nella lettera inviata al vicepresidente del Csm Michele Vietti - si è prodotto in un lunghissimo monologo, a mio giudizio contenente accuse e allusioni suggestive, con il risultato di prospettare in maniera distorta vari fatti e circostanze afferenti la mia attività di magistrato. Tale comportamento mi appare innanzitutto per nulla rispettoso dei principi costituzionali che presidiano la separazione dei poteri e tutelano l’indipendenza della magistratura rispetto ad ogni forma (diretta o indiretta) di condizionamento ed ingerenza del potere politico, specie se tale potere corrisponde ad una delle massime cariche dello Stato. Ritengo, inoltre, detto comportamento - prosegue Caselli - profondamente lesivo dei miei diritti e della mia immagine, in particolare la’ dove si insinua che il mio operato sarebbe stato caratterizzato dalla tendenza a promuovere e gestire processi che diventano gogne pubbliche ma restano senza esiti, mentre tutta la mia esperienza professionale si e’ sempre e soltanto ispirata all’osservanza della legge, al rispetto dei presupposti in fatto e in diritto necessari per poter intervenire e alla rigorosa valutazione della prova”.

“Segnalo che il comportamento in oggetto risulta, sempre a mio giudizio, ancor più delegittimante nei miei confronti - prosegue il capo della procura di Torino - per il fatto di essere stato tenuto nel giorno stesso in cui veniva pronunziata dalla Corte d’appello di Palermo sentenza di condanna nei confronti di Marcello Dell’Utri, sentenza relativa a procedimento (come ricordato anche nel corso della trasmissione) avviato dalla Procura di Palermo quando il sottoscritto ne era a capo”. Per queste ragioni Caselli, “ben consapevole dell’assoluta inopportunità di percorrere qualunque altra via non istituzionale”, chiede all’organo di autogoverno della magistratura “di essere adeguatamente tutelato, riservandomi ogni iniziativa al riguardo”.

Fonte Agi

 

CIANCIMINO - “Chiamerò Piero Grasso a testimoniare nel processo sulla trattativa stato-mafia, deve rispondere di alcune decisioni prese quando era procuratore. Il personaggio è quello che è, ha beneficiato di tante situazioni, un paraculo che non ha mai toccato i poteri forti. Chi ha toccato i fili dell’alta tensione finisce per intercettare gli stambecchi ad Aosta...”. Così Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco di Palermo Vito, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, a La Zanzara su Radio 24. “Non capisco - dice Ciancimino - come si possa fare lo scivolone di chiamare in diretta una trasmissione dopo le ultime telefonate in diretta, di Berlusconi e Masi. Ne esci comunque massacrato. L’istinto di prendere il telefono e chiamare Travaglio lede l’istituzione, la funzione”. Poi Ciancimino attacca ancora Grasso che a suo dire “è responsabile di strabismo investigativo e di una copertura nel mio processo nei confronti del suo vice oggi capo della Dna, il procuratore Sciacchitano. Una società del gas cresciuta all’ombra della mafia, come recita la sentenza, va sequestrata nella sua interezza e non vanno preservate né amicizie né parentele. Se dico qualcosa di sbagliato sfido Grasso a querelarmi, ho denunciato tutto alla procura di Catania”.

“Grasso - aggiunge Ciancimino - ha emarginato procuratori come Scarpinato e Ingroia. Per dodici anni non ha mai fatto una domanda a mio padre sul tesoro, mi ha iscritto per riciclaggio nel registro solo una volta che è morto mio padre. Mentre reggeva la procura ha compiuto degli atti che grazie al processo sulla trattativa saranno discussi. Grasso sarà uno dei miei teste, insieme a Napolitano”. “Grasso - prosegue Ciancimino - è il procuratore che quando fecero la perquisizione a casa mia all’Addaura nella cassaforte c’erano papello, soldi in contanti, pizzini e altro. Possiamo dire che non ne sapeva niente? Ma il capo ne risponde sempre. Forse si è circondato di collaboratori poco attenti, anche questo lo dovrà chiarire in tribunale. Ci sono state delle anomalie, non ha mai voluto investigare in una certa direzione, ha eluso certe indagini”. Ma chi ha votato alle elezioni? “Alla fine ho visto un mondo di stelle, ho votato Grillo alla Camera e al Senato. Ma con tutti i problemi che ho non me ne frega niente dell’alleanza con il Pd”, conclude Ciancimino.