Roma, 5 giugno 2013 - Un anno difficile per l'editoria il 2012, quinto anno consecutivo con dati negativi. Segnali positivi solo dal web, per il resto calano ricavi, pubblicità, copie vendute e per la prima volta anche i lettori. E’ quanto emerge dallo studio Fieg 'La stampa in Italia 2010-2012'.

LA PUBBLICITA' - Il 2012 è stato il peggiore anno degli ultimi venti: per la prima volta dal 2003 si è scesi al di sotto della soglia degli 8 miliardi di euro a prezzi correnti, con un calo del 14,3% rispetto al 2011. Soffre soprattutto la stampa: per i quotidiani -17,6%, per i periodici -18,4%. Calano anche gli investimenti sulla tv, ma in maniera meno pesante con una accentuazione dello storico squilibrio del mercato. Nel primo trimestre 2013 si aggrava la crisi del mercato pubblicitario in generale (-18,9%) e degli investimenti sulla stampa in particolare (periodici -22,3%, quotidiani -26,1%).

LE VENDITE - E’ dal 2001 - con l’unica eccezione del 2006 - che il numero delle copie vendute di quotidiani è in costante flessione. La flessione si è accentuata a partire dal 2008, parallelamente all’insorgere della crisi. Nel 2012 il calo delle vendite è stato del 6,6% (da 4,272 a 3,990 milioni di copie). In cinque anni, dal 2007, i quotidiani hanno perso oltre 1,150 milioni di copie (-22%). Nel 2012 i settimanali hanno perso il 6,4% delle copie (da 10,928 a 10,225 milioni), i mensili l’8,9% (da 10,448 a 9,515 milioni). Nel 2012 diminuiscono per la prima volta i lettori. L’ultima rilevazione Audipress indica in 21,005 milioni le persone che ogni giorno leggono un quotidiano, con un calo rispetto al 2012 del 14,8%.

DIGITALE - Internet è l’unico mezzo su cui cresce la pubblicità nel 2012 (+5,3%, da 631 a 664 milioni di euro). I ricavi da editoria online sono in costante crescita e nei gruppi di maggiori dimensioni la loro incidenza sul fatturato complessivo ha superato la soglia del 5,5%. Le prime rilevazioni della diffusione delle copie digitali di quotidiani e periodici mostrano una vendita di copie digitali già’ significativa, di oltre 185mila copie al giorno.

ANSELMI: INFORMAZIONE INDUSTRIA STRATEGICA - "Da questa crisi epocale (di tutto il settore dell’editoria italiana, ndr) si può uscire solo con una comune strategia che si rivolga in primo luogo al Governo e alla politica, perché finalmente comprendano che l’informazione è una industria strategica per il Paese. La politica ha praticato una troppo lunga latitanza (anche se ci sono stati segni di attenzione e altri sembrano manifestarsi)". Così il presidente della Federazione italiana editori di giornali, Giulio Anselmi, in occasione della presentazione del rapporto tenutasi oggi a Roma.

LA REALTA' - "L’establishment politico ed economico, la stessa opinione pubblica - ha proseguito Anselmi - non hanno sufficiente consapevolezza della realtà. Un passato fatto anche di assistenzialismo e di abusi ha depositato nella maggioranza degli italiani l’erronea convinzione che l’informazione, nel suo complesso, sia assistita. Ma questo - ha tenuto a sottolineare il presidente della Fieg - non è vero e da anni. Non dobbiamo avere complessi. Le urla di Grillo e le trame più sotterranee di altri non modificano questa realtà, che è stata riconosciuta recentemente dal sottosegretario con delega all’Editoria, Giovanni Legnini".

IL SOSTEGNO ALL'EDITORIA - Dopo aver ricordato che l’informazione degli altri Paesi europei ha ben altri aiuti, Anselmi ha sostenuto che "per tutelare una realtà che è, insieme, un fattore essenziale della vita democratica del Paese e una industria strategica, occorre una attenzione nuova che parta da una ridefinizione complessiva delle forme di sostegno all’editoria, spostando risorse dai soggetti ai progetti, dai contributi agli incentivi, con una gamma di interventi più coerenti con la situazione del mercato editoriale in evoluzione. Come gli editori italiani hanno scritto nella lettera aperta del febbraio scorso al futuro Governo - ha ricordato Anselmi - la Fieg ritiene oggi necessario un intervento pubblico, che deve essere ben definito nell’oggetto e delimitato nel tempo, per aiutare le imprese a superare l’emergenza, attraversando il guado della multimedialità".

"SERVE UN SALTO CULTURALE" - "I dati sulla stampa quotidiana e periodica e sulle imprese editrici di giornali - continua Anselmi - fotografano con nitidezza il quadro di un settore in cui la crisi economica e finanziaria che ha sconvolto l’intero occidente si mostra particolarmente violenta e si somma alle storiche, e mai risolte, criticità di natura strutturale. Occorre dunque un salto culturale, sociale e produttivo".

LE PROPOSTE - Quattro sono i punti indicati da Anselmi per portare l’editoria italiana fuori dalla crisi: "Interventi che accompagnino la necessaria trasformazione industriale, come il riconoscimento di un credito di imposta per gli investimenti finalizzati all’innovazione e allo sviluppo nella produzione e nella diffusione di contenuti digitali. Misure che favoriscano il ricambio generazionale dei lavoratori del settore, quindi rifinanziamento della legga 416 e nuove assunzioni di giovani". Sono inoltre necessarie, ha proseguito il presidente della Fieg, "modernizzazione della vendita dei giornali, con un sostegno al progetto di informatizzazione della filiera, e regole chiare che garantiscano un livello adeguato di protezione e remunerazione dei contenuti editoriali in rete".

APPELLO ALLA POLITICA - Rivolgendosi alla politica, Anselmi ha fatto un appello "al governo finalmente insediato e all’intero Parlamento - affinché dedichino - un’attenzione meno occasionale e sporadica di quanto sia stata in passato. E rapidità di intervento. C’è un ddl - ha ricordato - già approvato dalla commissione cultura della Camera, relatore l'onorevole Ricardo Franco Levi che, ripreso, potrebbe consentire di abbrevviare i tempi: contiene la salvaguardia parziale degli aiuti diretti, un sostegno all’innovazione e all’occupazione. Un buon punto di partenza per qualsiasi discorso su editoria e informazione. Insieme, editori e giornalisti chiediamo oggi attenzione per l’editoria e per chi ci lavora. Ma prima ancora per l’informazione che è un bene comune, patrimonio di tutti coloro che sono interessati alla salute della democrazia e sanno valutare l’importanza determinante di giornali liberi - ha concluso - per la vita civile e per la crescita di una società".