Roma, 20 giugno 2013 - No al legittimo impedimento di Silvio Berlusconi, all’epoca dei fatti premier, a partecipare all’udienza del 1 marzo 2010 del processo Mediaset. La Corte Costituzionale ha respinto il conflitto di attribuzione tra poteri sollevato da Palazzo Chigi nei confronti del tribunale di Milano, dove era allora in corso il procedimento, nell’ambito del quale il leader del Pdl è stato condannato in primo grado e in appello a 4 anni di reclusione (3 coperti da indulto) e a 5 anni di interdizione dai pubblici uffici, e che nei prossimi mesi approderà in Cassazione.

LA MOTIVAZIONE - “Spettava all’autorità giudiziaria stabilire che non costituisce impedimento assoluto alla partecipazione all’udienza penale del 1* marzo 2010 l’impegno dell’imputato Presidente del Consiglio dei ministri” Silvio Berlusconi “di presiedere una riunione del Consiglio da lui stesso convocata per tale giorno”, che invece “egli aveva in precedenza indicato come utile per la sua partecipazione all’udienza”. Questa la decisione della Corte Costituzionale, che ha respinto il conflitto di attribuzione sollevato da Palazzo Chigi nei confronti del tribunale di Milano nell’ambito del processo Mediaset. A questa decisione, prosegue, “la Corte è giunta osservando che, dopo che per piu’ volte il Tribunale aveva rideterminato il calendario delle udienze a seguito di richieste di rinvio per legittimo impedimento, la riunione del Consiglio dei ministri, gia’ prevista in una precedente data non coincidente con un giorno di udienza dibattimentale, e’ stata fissata dall’imputato Presidente del Consiglio in altra data coincidente con un giorno di udienza, senza fornire alcuna indicazione (diversamente da quanto fatto nello stesso processo in casi precedenti), nè circa la necessaria concomitanza e la ‘non rinviabilita’’ dell’impegno, ne’ circa una data alternativa per definire un nuovo calendario”.

LE PAROLE DI BERLUSCONI - "Dalla discesa in campo a oggi, la mia preoccupazione preminente è sempre stata ed è il bene del mio Paese”. Lo ha affermato Silvio Berlusconi in una nota diffusa pochi minuti dopo la decisione della Consulta sul legittimo impedimento. “Perciò anche l’odierna decisione della Consulta - aggiunge Berlusconi - che va contro il buon senso e tutta la precedente giurisprudenza della Corte stessa, non avrà alcuna influenza sul mio impegno personale, leale e convinto, a sostegno del governo ne’ su quello del Popolo della Liberta’”. “E ciò nonostante continui un accanimento giudiziario nei miei confronti che non ha eguali nella storia di tutti i Paesi democratici - prosegue - questo tentativo di eliminarmi dalla vita politica che dura ormai da vent’anni, e che non è mai riuscito attraverso il sistema democratico perché sono sempre stato legittimato dal voto popolare, non potrà in nessun modo indebolire o fiaccare il mio impegno politico per un Italia più giusta e più libera”, conclude Berlusconi.

ALFANO - "Comunque vada il governo non subira’ ripercussioni”. E’ stato il vicepremier Angelino Alfano, a quanto si apprende da fonti parlamentari, quando ancora la sentenza della Consulta non era arrivata, a tranquillizzare premier e ministri. “Non ci saranno dimissioni in massa” ha spiegato il vicepremier ai colleghi mentre stava per cominciare la riunione del Consiglio dei ministri. Di li’ a poco sui telefoni dei componenti del governo e’ giunta la notizia che la Consulta aveva respinto il ricorso di Silvio Berlusconi e dopo pochi minuti ancora la nota del Cavaliere assicurava che la sentenza, a suo avviso ingiusta, non avrebbe minato il suo “impegno personale, leale e convinto, a sostegno del governo” e del Pdl. Una rassicurazione che ha abbastanza tranquillizzato il clima della riunione, che e’ filata via liscia con il varo del ddl semplificazioni e la decisione di approvare il pacchetto lavoro mercoledi’ prossimo, dato che venerdi’ il ministro dell’Economia e’ impegnato per l’Ecofin. “Ci saranno ripercussioni sul governo? Dovete chiedere a Berlusconi” ha poi spiegato a Montecitorio un ministro Pd a chi gli chiedeva se dopo la decisione della Consulta si temesse per le sorti dell’esecutivo. “Chiedete al Pdl, ma mi sembra difficile che ci sia un automatismo” ha pero’ spiegato con un sorriso. E di un clima nonostante tutto “sereno” parla anche un altro ministro, sempre Pd, al termine della riunione del governo. Conclusa la quale, pero’, i ministri Pdl si sono recati per un ‘consiglio di guerra’ da Berlusconi, dopo aver diramato una nota nella quale si dicevano “allibiti, amareggiati e profondamente preoccupati”.

I MINISTRI PDL / VERTICE A PALAZZO GRAZIOLI - “E’ una decisione incredibile. Siamo allibiti, amareggiati e profondamente preoccupati. Ci rechiamo immediatamente dal presidente Berlusconi”. Lo hanno affermato il vicepremier Angelino Alfano e i ministri Pdl Gaetano Quagliariello, Maurizio Lupi, Nunzia De Girolamo e Beatrice Lorenzin, lasciando il Consiglio dei ministri subito dopo la notizia della decisione della Corte costituzionale sfavorevole a Silvio Berlusconi rispetto al conflitto di attribuzioni per legittimo impedimento da lui sollevato rispetto al processo Mediaset. “La decisione - hanno detto ancora i ministri Pdl in una dichiarazione congiunta - travolge ogni principio di leale collaborazione e sancisce la subalternità della politica all’ordine giudiziario”. Si è poi concluso intorno alle 22.30 il vertice ‘spontaneo’ creatosi a palazzo Grazioli. Il segretario Angelino Alfano, tutti i ministri azzurri che fanno parte della compagine governativa e tutti i big del partito si sono ritrovati per cena a palazzo Grazioli per “stare vicino al presidente”. Il Cavaliere, raccontano alcuni presenti, dopo un iniziale momento di rabbia ha incassato il colpo con serenità, del resto se lo aspettava. “Adesso è il più sereno di tutti”, spiega un big del partito. La reazione al pronunciamento della Corte costituzionale, spiegano alcuni presenti alla cena, arriverà “nei prossimi giorni” e sarà “politica”, assicurano. “Non ci saranno bordate” al Governo Letta, il Cav è stato chiaro. I primi risultati che il partito deve ottenere, avrebbe insistito il presidente Pdl, sono quelli in campo economico: Iva, Imu, le misure per rilanciare l’occupazione e dare il via allo ‘choc’ che consenta di far ripartire il Paese. Il capitolo Giustizia resta sul tavolo, l’assalto delle toghe nei suoi confronti deve essere arginato. Gli italiani devono capire che si tratta del giudizio “politico” di un “organismo politico” e il Cav dà mandato ai suoi di far arrivare il messaggio a elettori e cittadini. “Nessuno faccia finta che la sentenza di oggi sia stata pronunciata secondo diritto. È una sentenza politica di un organo che ha agito in modo politico non solo contro Silvio Berlusconi ma contro i cittadini italiani e il loro diritto di scegliere chi deve andare in Parlamento. È una vergogna, uno scandalo”, puntualizza subito Daniele Capezzone lasciando palazzo Grazioli.

EPIFANI - La sentenza della Consulta era “attesa” e non c’è motivo di pensare che possa avere ripercussioni sul governo, secondo il segretario Pd Guglielmo Epifani. In una dichiarazione a Youdem, Epifani ha spiegato: “E’ una sentenza che era attesa, dà ragione a una parte e torto all’altra, non vedo rapporti tra questa sentenza e il quadro politico. Per il Pd le sentenze si applicano e si rispettano, non ho motivo di ritenere che possa avere effetti su un governo che è di servizio per i cittadini e per il Paese”.

ANM - “Non si può accettare, a prescindere dalla decisione presa, l’attribuzione alla Corte Costituzionale di posizioni o logiche di natura politica”. Cosi’, il presidente dell’associazione nazionale Magistrati, Rodolfo Sabelli, risponde a chi gli chiede un commento sulle polemiche che stanno scaturendo dal verdetto della consulta sul legittimo impedimento di Silvio Berlusconi nel processo Mediaset. “La corte è uno dei massimi organi di garanzia della Repubblica e basa le sue decisioni sui principi costituzionali e dell’ordinamento repubblicano - aggiunge il leader del sindacato delle toghe - e’ inammissibile che le si attribuiscano logiche di natura politica, lo dico a prescindere dal merito della sentenza, lo avrei detto qualunque fosse stata la decisione della corte. Sabelli, poi, rileva che di fronte alle sentenze della consulta “bisogna assumere sempre una posizione di rispetto: possono essere discusse, ma bisogna farlo in modo informato, conoscendo le motivazioni della sentenza, e con rigore tecnico. Occorre accostarsi a queste sentenze con grande rispetto e garbo istituzionale”.

GASPARRI E LA RIVOLTA DEL PARTITO - In mattinata il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri aveva annunciato la levata di scudi del Pdl (QUI L'APPROFONDIMENTO): "Sulla Corte Costituzionale incrocio le dita perche’ se vedessi i numeri, le appartenenze e gli orientamenti dovrei essere pessimista’’.