Alessandro Farruggia
ROMA, 2 agosto 2013 - «SUI MARÒ io sono sempre più speranzosa che la road map che ci eravamo dati, porti al risultato atteso. Attendiamo la conclusione dell’inchiesta, e poi a settembre l’apertura del processo davanti alla corte speciale. Credo che potremo riportarli a casa prima di Natale». Ogni giorno ha la sua pena per Emma Bonino, che dalla plancia della Farnesina s’è trovata spesso a gestire ex post crisi provocate da altri. Come quella dei marò, o il pasticcio Shalabayeva. Ma lei non molla.

Ministro Bonino, l’arresto di Ablyazov fa venire fastidiosi sospetti che paesi come l’Italia e la Francia siano un po’ troppo sensibili alle pressioni kazake...
«I due casi sono diversi. Per Ablyazov c’è un mandato d’arresto dell’Interpol e ora spetterà alla Francia valutare sull’estradizione. La vicenda Shalabayeva è un’altra storia. Con la grande rapidità si è espulsa una signora e una bambina che non hanno mandati di arresto. E lo si è fatto con modalità che hanno ancora adesso delle ombre sulle quali indaga la procura e che dipingono una situazione nella quale la fretta non è stata buona consigliera. Noi l’abbiamo saputo solo ex post e abbiamo fatto tutto quello che potevamo per assistere la signora».

Come si può evitare che non risucceda?
«Serve un maggiore coordinamento tra ministeri»

Lo ha chiesto al premier Letta?
«Certo. Personalmente e anche per iscritto. E Letta ha ricordato ai colleghi di governo di coinvolgerci sistematicamente quando ci possono essere risvolti internazionali».

La sponda Sud del Mediterraneo affronta una difficile stagione. Cosa può fare l’Europa?
«Innanzitutto non dobbiamo prenderci per padreterni. Qualcuno in modo semplicistico aveva letto le rivoluzioni arabe come una primavera che sarebbe evoluta verso la democrazia senza contraccolpi. Ma non è mai successo così. I processi sono sempre complicati. Quello che sta succedendo è un enorme scontro all’interno del mondo arabo, in primis nella famiglia sunnita. E quindi è difficile pretendere che l’Europa giochi un ruolo determinante, pur con tutta la migliore buona volontà»

In Egitto al situazione sembra essere in un cul de sac
«È oggettivamente esplosiva. Stiamo facendo il possibile per giungere a una soluzione poltica inclusiva di transizione. Ma non ci siamo ancora».

Da cui il suo appello di ieri ai turisti italiani.
«Senza creare panico, serve buon senso. Chiediamo a chi va al mare in Egitto di evitare le escursioni. E di registrarsi al sito www.dovesiamonelmondo.it. Così sappiamo dove sono e possiamo rintracciarli, informarli, nel caso aiutarli».

Se va male in Egitto, non va meglio in Libia
«Noi siamo stati e continuiamo a essere molto proattivi in Libia. Ma la realtà libica è molto complessa. Ci sono tensioni, anche il rischio di una divisione del Paese. Questo facilita le organizzazioni criminali che gestiscono il flusso di migranti: dobbiamo attenderci un flusso ulteriore verso le nostre coste. È un caso che porrò oggi al Comitato per la sicurezza e l’Ordine Pubblico».

Che prospettive ci sono per la situazione siriana?
«Se qualcuno potesse portare soluzioni alternative e più rapide di una Ginevra 2 ne sarei molto felice. Io continuo a pensare che non c’è soluzione militare e che l’unica opzione è politica. Credo che una delle leve possibili sia il dialogo con i russi, perché quello che si rischia è l’esplosione della regione ed evitarlo è nell’interesse di tutti. Ne parlerò con loro in occasione dell’imminente vertice bilaterale».

Notizie del giornalista Quirico?
«Nessuna. Stiamo veramente tentando tutti i contatti possibili. La cosa che mi fa sperare è che non ci sono cattive notizie».

Afghanistan: che fare nel 2014? A che condizioni è giusto restare?
«Credo sia opportuno restare a condizioni che marchino un passaggio di reponsabilità e una svolta. Ad esempio, sarebbe utile avere una nuova risoluzione del Consiglio di sicurezza per chiarire che si apre una fase non di disimpegno ma di impegno diverso. E poi naturalmente c’è la necessità di un accordo regionale. Ma andarsene non sarebbe la scelta migliore dopo quanto vi abbiamo investito umanamente ed economicamente. Lo dobbiamo anche alle decine di nostri soldati caduti in Afghanistan per per dare agli afghani una speranza di futuro migliore».