Sandro Rogari

SI PARLA di voto segreto sulla decadenza di Berlusconi. Ma la posta è un’altra: le elezioni. Questo è il vero spartiacque che divide il Parlamento. Dalla parte degli elezionisti militano due partiti, con decisione e senza tentennamenti. La Lega e 5stelle. La prima soprattutto per uscire dall’isolamento in cui si trova; il secondo in applicazione del detto andreottiano che «il potere logora chi non ce l’ha». Se Letta dura, Grillo è sconfitto: la ripresa economica e la stabilizzazione politica lo liquiderebbero.
Per gli altri il discorso è più complesso. Il Pdl le voleva, qualche settimana fa. Alcuni pasdaran ancora ci credono, ma oggi sono pochi. Per due ragioni. Intanto, perché l’argomento usato da Letta ieri, «se il governo cade i cittadini pagano l’Imu», già prefigura la campagna elettorale del Pd. Ed i berluscones faticherebbero a convincere gli elettori del contrario. La sconfitta del Pdl, alias Forza Italia, sarebbe certa. Quindi metterei il Pdl nel fronte degli anti elezionisti, salvo frange. Il Pd o, più precisamente, il suo establishment le vuole disperatamente; i suoi senatori, ovviamente, assai meno. Lo dimostra la conversione al voto palese sulla decadenza di Berlusconi. È evidente che una simile violazione delle regole vigenti, fatta magari con una modifica in corsa del regolamento del Senato, sarebbe uno schiaffo insopportabile per il partito alleato di governo. Sarebbe un proclamare al mondo: affondo Berlusconi e in più, per essere certo che affondi, faccio divenire un fatto di partito quello che è un caso di coscienza personale. Il voto segreto è previsto appunto per questo. Così facendo il Pdl sarebbe costretto a rovesciare il tavolo e se ne prenderebbe la responsabilità. Ma a cosa servono le elezioni al Pd? A tre cose.

PRIMO: fare con 5 stelle una riforma elettorale che liquidi le possibilità di vittoria del Pdl. Secondo: stoppare Renzi. Perché se la situazione precipita, Epifani rinvia il congresso e l’attuale maggioranza continua a mantenere il controllo del partito. Se anche venisse dato a Renzi il via libera alla corsa per la presidenza del Consiglio, sarebbe un leader senza il controllo del partito e finirebbe come Prodi. Terzo: indebolire Napolitano che incombe, liquidando la ‘sua’ creatura, ossia il governo delle larghe intese. Ecco perché la crisi si avvicina.
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