Roma, 2 ottobre 2013 - Il governo guidato da Enrico Letta incassa un’ampia maggioranza: in Senato i voti a favore sono 235 e quelli contrari 70 mentre alla Camera Letta incassa 435 contro i 162 no. Astenuti zero. All’atto dell’insediamento, il 30 aprile scorso, i voti favorevoli alla Camera erano stati di meno, 233, quelli contrari 59, gli astenuti 18. Sono quattordici i senatori che non hanno votato la fiducia al governo Letta, tra cui 6 del Pdl e tre dell’M5S. Tra gli assenti o non votanti del Popolo della libertà, nomi di peso: Sandro Bondi, Francesco Nitto Palma, Alessandra Mussolini, Remigio Ceroni, Augusto Minzolini e Manuela Repetti.

NAPOLITANO - “Il Presidente del Consiglio e il governo non potranno tollerare che si riapra un quotidiano gioco al massacro nei loro confronti”, è la valutazione del Quirinale sul futuro del governo Letta dopo il voto di fiducia diffusa in un comunicato della Presidenza della Repubblica: “L’essenziale è che il governo ha superato la prova, vinto la sfida e innanzitutto per la serietà e la fermezza dell’ impostazione sostenuta dal Presidente del Consiglio dinanzi alle Camere - recita la nota - In quanto alla prospettiva che si apre in uno scenario politico in via di mutamento, chiaramente il Presidente del Consiglio e il governo non potranno tollerare che si riapra un quotidiano gioco al massacro nei loro confronti”.

IL DISCORSO DI LETTA

L'APERTURA - Letta ha aperto il suo discorso in Aula citando Luigi Einaudi. "Nella vita delle nazioni l’errore di non saper cogliere l’attimo può essere irreparabile", dice arrivando subito "al punto della questione: l’Italia corre un rischio che potrebbe essere fatale. Sventare questo rischio, cogliere o no l’attimo dipende da noi. Dipende da un sì o da un no" (VIDEO)."Il mio governo è nato in Parlamento e se deve morire deve morire qui, in Parlamento", ha proseguito (VIDEO).

LA VICENDA BERLUSCONI - "Uno stato di diritto si basa sul principio di legalità, e in uno Stato democratico le sentenze si rispettano e si applicano, fermo restando il diritto alla difesa, senza trattamenti ad personam o contra personam, che va riconosciuto a ogni cittadino e senatore", ha continuato Letta. Per il presidente del Consiglio, infatti, i "piani" della vicenda giudiziaria che investe Silvio Berlusconi e del governo, "non potevano, nè possono essere sovrapposti".

"RIFORMARE LA POLITICA" - "Oggi in poco tempo possiamo riformare la politica: i provvedimenti sono all’esame del Parlamento, se rapidamente discussi faremo una svolta con la pubblica opinione. Il tempo di attesa è scaduto", ha detto ancora il premier per poi ricordare quanto fatto finora dal suo governo. "Questi 5 mesi di governo hanno già determinato un primo significativo sollievo fiscale agli italiani. A chi polemizza, faccio presente che grazie al governo sono state pagate meno tasse per 3 miliardi. Anche questi sono fatti, non rinvii", ha spiegato.

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CAMERA, I PASSAGGI FONDAMENTALI - Nella legge di stabilità "il cuore di tutto sarà la riduzione delle tasse sul lavoro” e del "cuneo fiscale" e in particolare "la riduzione delle tasse per dare finalmente sollievo ai lavoratori" per rendere più pesante la busta paga, ha annunciato il premier a Montecitorio. Poi sul voto di fiducia: "Ci sarebbe stato comunque, ed è un risultato rispetto al quale ho intenzione di lavorare mantenendo il punto fermo detto stamane: non esiste un collegamento tra le vicende giudiziarie e la vita del governo". E ancora: "L’Italia ha bisogno che non ci siano più ricatti, tipo 'o si fa questo o cade il governo', anche perché si è dimostrato che il governo non cade".

BERLUSCONI, LA FIDUCIA E IL PARTITO LACERATO

BERLUSCONI - Silvio Berlusconi è arrivato in Aula a discorso già iniziato. Ai giornalisti che gli chiedevano come si sarebbe comportato il Pdl in caso di fiducia, il Cavaliere ha risposto: "Vediamo cosa succede. Prima sentiamo il discorso del presidente Letta e poi decidiamo", ha detto il Cavaliere di cui in precedenza era stata diffusa l'anticipazione di un'intervista rilasciata a Panorama in cui spiegava che un'alleanza tra Pd e transfughi Pdl sarebbe "talmente indecorosa e avvilente che si scontrerebbe con una ripulsa popolare".

22 FIRME PDL-GAL PER LETTA - Al termine del discorso di Letta, Berlusconi ha convocato i senatori del Pdl, mentre veniva annunciato che 22 senatori (18 del Pdl e 4 di Gal) avevano firmato la risoluzione della maggioranza per sostenere il governo Letta (ECCO LA LISTA) e si apriva una battaglia tutta interna per il simbolo e il nome Pdl.

POI LA SVOLTA DEL CAVALIERE - Il colpo a sorpresa, però, lo ha portato lo stesso Silvio Berlusconi, prendendo la parola per annunciare l'intenzione di voto del suo gruppo. "Abbiamo deciso di esprimere un voto di fiducia a questo governo", ha detto il Cavaliere ribaltando tutte le ipotesi e le ricostruzioni della mattinata. "A tutti è chiaro che l’unica soluzione ragionevole era mettere insieme centrodestra e centroisnistra in un governo. Lo abbiamo fatto perché speravamo che potesse cambiare il clima del paese, che andasse verso pacificazione di cui necessita un Paese civile. Questa speranza la conseguiamo ancora - ha aggiunto Berlusconi -. L’Italia ha bisogno di un governo per le riforme strutturali e istituzionali, per modernizzarsi". Ma Berlusconi nega che si sia trattato di un dietrofront: "Nessuna marcia indietro", ha detto lasciando il Senato.

"NON MI DIMETTO" - "Assolutamente no". Così Silvio Berlusconi, lasciando la Camera, risponde a chi gli chiede se si dimetterà da senatore. E alla domanda se si sente tradito da Angelino Alfano ha risposto: "Non faccio dichiarazioni su questo".

BONDI - Nel corso del dibattito che ha seguito il discorso di Letta, c'è stato il duro attacco di Sandro Bondi al premier. "Per voi la pacificazione è estromettere dalla vita politica il leader del moderati", ha detto puntando il dito contro Letta e il Pd per "non avete fatto nulla per affrontare il problema politico che ha reso impossibile applicare la legge e ha portato a un sopruso contro la legalità, contro il leader della maggioranza di governo, senza il quale lei non sarebbe seduto in quello scranno. Avete violato la non retroattività della legge penale". "Ma cosa volete, lei prende in giro il parlamento parlando di dialogo. Questo è un linguaggio ipocrita e falso che non corrisponde alla realtà", ha detto ancora Bondi. "Voi fallirete, darete vita a un governicchio che ha ottenuto solo lo scopo di spaccare il Pdl - ha concluso -. Io non assisterò allo spettacolo dell’umiliazione del Pdl, di Berlusconi, del Paese" (VIDEO). Poi, dopo la retromarcia del Cavaliere, Bondi non ha usato mezzi termini per definire quanto accaduto: "Zanda fa bene a trattarci con un tale disprezzo. Io sono una persona perbene e non mi unisco a una tale compagnia".

L'ATTACCO DI ZANDA - Zanda aveva attaccato il Pdl malgrado Silvio Berlusconi abbia annunciato il sì del partito alla fiducia al governo Letta. "Basta, basta", hanno urlato dai banchi del Pdl al capogruppo Pd che riprende il polemico intervento di Sandro Bondi. "Vergogna, vergogna!", grida Ciro Falanga, La tensione sale, Zanda dice a Bondi di non accettare il paragone da lui fatto tra "il suo capo" Berlusconi e Berlinguer. E una senatrice berlusconiana grida: "Quello è morto...". Il presidente Piero Grasso fatica non poco a portare l’ordine. "Se questo è l’inizio di una pacificazione...", si lascia scappare.

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NUOVA MAGGIORANZA E GRUPPI AUTONOMI?

IL RISCHIO SCISSIONE - Fino a questa mattina, prima che il segretario del Pdl Angelino Alfano incontrasse in un nuovo vis a vis Silvio Berlusconi, la nascita di un nuovo gruppo ad opera dei cosiddetti 'scissionisti' era dato per certo. Tanto che al Senato circolava già il documento, con circa una trentina di adesioni, per depositare una risoluzione a favore del voto di fiducia al governo. Poi ore e minuti concitati, la conferma del gruppo Pdl del Senato, presente Berlusconi, di non votare la fiducia, il Cavaliere che si riunisce nella stanza di Schifani con alcuni fedelissimi. E la 'giravolta': l’ex premier cambia idea e decide di sostenere nuovamente Letta, annunciandolo in Aula nelle dichiarazioni di voto. Da quel momento il Pdl, detto da molti degli stessi appartenenti a quel partito, "sembra una maionese impazzita". C’è chi dice convinto, come Roberto Formigoni, che il nuovo gruppo, 'I Popolari', si costituirà comunque. Una fonte ben informata e che ha lavorato sin dall’inizio per questa 'operazione'’, garantisce che alla Camera è già avviata la pratica per la costituzione del nuovo gruppo, con tanto di richiesta alla presidente Boldrini.

CHI FRENA - Ma secondo altre fonti, che avrebbero assistito al colloquio tra il segretario e il Cavaliere, Alfano avrebbe spiegato al leader pidiellino che non nascerà alcun gruppo. Dello stesso avviso Nunzia De Girolamo: "Non si è mai parlato di nessun gruppo", afferma. Maurizio Lupi, che già questa mattina sosteneva che non ci sarebbe stata una nuova maggioranza, ribadisce: "Non abbiamo mai lavorato per creare un’altra maggioranza". Il sottosegretario Castiglione, vicino ad Alfano, prende tempo: "Verificheremo... Vediamo dopo il voto". Maurizio Sacconi si augura "che il nuovo gruppo non nasca". Di certo, adesso la situazione si fa più complicata per chi aveva deciso di prendere un’altra strada rispetto a Berlusconi. Insistere per la formazione del gruppo, viene sottolineato, significherebbe voler andare alla rottura, estrema soluzione che Alfano - viene riferito - vorrebbe evitare.

MA QUAGLIARELLO E FORMIGONI... - "Quello che è successo oggi è la fotografia della situazione attuale e cioè: c’è un punto di riferimento comune che è Berlusconi, ma ci sono due classi dirigenti incompatibili". Il ministro per le Riforme, Gaetano Quagliariello, commenta così la decisione del Cav di votare la fiducia al governo Letta. E Formigoni va oltre: "Confermo le mie proposte e stasera ne discuterò con gli altri: proporrò di costituire gruppi autonomi a Camera e Senato per un fatto di chiarezza", spiegando che stasera ci sarà una riunione dei dissidenti del Pdl. Formigoni spiega: "Decideremo in una assemblea stasera. Ci sono gruppi di 25 deputati e 25 senatori e siamo a crescere. La spaccatura politica c’era ed è giusto che sia sancita anche in Aula”.

E ALLA CAMERA C'E' GIA' IL NUOVO GRUPPO - Il nuovo gruppo formato da deputati del Pdl arriverà a 26 parlamentari e interverrà già oggi in aula durante il dibattito. Il primo firmatario è Cicchitto e ufficialmente parte con 12 esponenti ma è già stata annunciato che si arriverà a quota 26. E’ quanto emerge dalla conferenza dei capigruppo. La richiesta di formare un nuovo gruppo parlamentare, viene spiegato al termine della conferenza dei capigruppo della Camera, è’ stata accolta dalla presidenza della Camera in conformità con quanto già’ accaduto in precedenza con altre formazioni politiche.

CICCHITTO E I TRADITORI - "Parlo a nome di oltre 20 deputati e degli oltre 20 senatori", esordisce Cicchitto iniziando il proprio intervento alla Camera. "Il nome di Angelino Alfano rappresenta, per molti di noi, il tentativo, l’azione, per costruire un centrodestra del futuro, che si misura con i grandi partiti del centrodestra dell’Europa".
"Le parole sono dure come pietre - ha poi scandito Cicchitto - specie quando si evoca la dimensione in politica del tradimento. Oggi su un giornale c’è scritto 'Alfano tradisce', forse domani quello stesso giornale dovrà fare autocritica perché Alfano ha rappresentato per tutti una linea politica che è risultata vincente".
 

I MINISTRI - Nunzia di Girolamo ha smentito di aver messo la propria firma per la creazione di un nuovo gruppo parlamentare alla Camera dei deputati. "Sono e resto nel gruppo parlamentare Pdl", ha detto il ministro interpellata dai cronisti in Transatlantico. "Oggi non si è mai parlato di nessun nuovo gruppo parlamentare", ha anche scritto su Twitter. E Quagliariello: "E’ un’iniziativa dei parlamentari che io non conosco". Conversando con i cronisti nel cortile di Montecitorio, aggiunge: "I membri del governo ne sono estranei, il governo non si è mosso. Resta dove sta". Poi però Cicchitto annuncia: "C’è Beatrice Lorenzin. Gli altri ministri sono in stand by perché ne stiamo discutendo".

RACCOLTA DI FIRME BERLUSCONIANA - Se, come spiegano diverse fonti pidielline, alla fine il nuovo gruppo formato dai cosiddetti 'scissionisti' non vedrà la luce, l’altra parte del partito, quella che ha sposato senza tentennamenti la linea di Silvio Berlusconi - sia quando voleva sfiduciare Letta che poi, quando ha invece deciso di rivotare la fiducia - si organizza e prepara la propria contromossa: una raccolta di firme per il cambio del nome del gruppo alla Camera, che si chiamerà 'Forza Italia - Pdl'. La richiesta del cambio di nome, viene spiegato, è già stata avviata agli uffici della presidenza di Montecitorio, ma l’iniziativa è un modo per fare una sorta di conta interna e evidenziare da che parte stanno i "veri" numeri, riferisce un deputato.

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