IN APPARENZA, la faglia che solca Scelta civica e che ha spinto Monti alla fuoriuscita è lo scontro fra laici e cattolici. I primi, in grande maggioranza montiani, sembrano volerne consolidare la vocazione centrista. Possiamo paragonarli ai liberali tedeschi che, peraltro, alle ultime elezioni hanno subito una sonora sconfitta e sono scomparsi dal Bundenstag. I secondi sono attratti dal disegno di Casini che ha abbandonato la vocazione centrista ed autonomista e si è convertito al bipolarismo, veleggiando verso il centro destra. In realtà, lo scontro poco discende da affinità culturali contrapposte e molto da questioni di calcolo politico. Monti, da quando ha scoperto d’essere votato alla politica, ha coltivato la vocazione del terzo polo. Il suo calcolo era basato sul presupposto che Scelta civica, approntata all’uopo per le elezioni di febbraio, ottenesse un risultato tale da farla divenire essenziale per la maggioranza di centro sinistra. L’obiettivo andava raggiunto al Senato, perché alla Camera era scontato che la coalizione di sinistra sarebbe stata autosufficiente. Così facendo, Monti ha fatto un duplice errore: ha sopravvalutato la propria capacità di traenza elettorale e sottovalutato quella di recupero di Berlusconi. Il risultato è stato che i voti di Scelta civica sono risultati inutili al Senato perché insufficienti senza quelli del PdL.


ALLORA è cominciata la crisi. Scelta civica non poteva condizionare nessuno, a destra come a sinistra, e in più soffriva, nel cartello di coalizione di centro con l’ Udc, della coesistenza di due leader: Casini e lo stesso Monti. Nella vecchia Dc, quando i cavalli di razza erano due, come Fanfani e Moro, lo scontro non produceva diaspora. Prima veniva il partito dell’unità dei cattolici, poi le ambizioni personali. Nella nuova aspirante simil Dc, invece, ci si divide perché il partito di centro degasperiano non torna in un sistema a vocazione bipolare. Bisogna schierarsi. Poi a destra sta accadendo il fatto nuovo della fuoriuscita di Berlusconi. È lenta e contrastata, ma inesorabile. Quindi è su questo versante che Casini intende lavorare, senza strappi e senza accelerare i tempi nel processo di riaggregazione del campo moderato. Nel centro destra si stanno aprendo nuovi spazi i cui contorni sono ad oggi ancora incerti. Molto dipenderà dal futuro del PdL, unito o diviso. Ma, visti i magri risultati della passata vocazione centrista, questa è l’unica via.

di Sandro Rogari
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