Roma, 24 ottobre 2013 - Vertice al Quirinale in mattinata tra Giorgio Napolitano, i capigruppo della maggioranza in Senato e i ministri Gaetano Quagliariello e Dario Franceschini per fare il punto sulla legge elettorale. All’incontro, secondo quanto si apprende, era presente anche la presidente della commissione affari costituzionali Anna Finocchiaro. L'incontro ha scatenato alcune polemiche, come quella della Lega per bocca del vicepresidente del Senato, Calderoli: “Con il voto di ieri la Lega Nord ha dimostrato con il 100% delle presenze dei suoi senatori di essere l’unica forza politica a volere veramente le riforme, ivi compresa quella elettorale ma altrettanto ritengo inaccettabile, inaudito e assolutamente non previsto dalla Costituzione il vertice di maggioranza che di fatto ha convocato oggi il presidente Napolitano al Quirinale”. “Napolitano deve essere il presidente di tutti e non di maggioranza e non spetta certo a lui convocare vertici di maggioranza soprattutto in relazione a una materia squisitamente parlamentare come la materia elettorale. Il Senato lavorerà per cambiare la legge elettorale per volontà politica e non per indebite pressioni o sotto ricatto del 3 dicembre tenuto conto anche del pronunciamento della Corte europea del marzo del 2012 che ha respinto i ricorsi avversi l’attuale legge elettorale”, ha concluso Calderoli.

ANCHE L'OPPOSIZIONE DA NAPOLITANO - A quanto si apprende dall’ufficio stampa del Quirinale il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si riserva di ascoltare i vari gruppi delle opposizioni nelle modalità più opportuna sulla riforma della legge elettorale. Da sempre il Capo dello Stato si è augurato che sui cambiamenti necessari al sistema elettorale si realizzasse il massimo consenso di tutte le forze politiche di maggioranza e opposizione. Oggi al colle sono saliti due esponenti di pd e pdl, Lo Moro e Bruno, in quanto relatori del provvedimento incardinato al Senato.

PRESIDENZA PDL - L’ufficio di presidenza del Pdl, convocato per domani alle 17, prevede - attenendosi fermamente a quanto prescrive lo Statuto - la partecipazione dei soli membri effettivi, ovvero 24. Di questi, convocazioni alla mano, e sulla carta, solo 5 sono gli annoverabili tra i ‘governativi’: Angelino Alfano, Renato Schifani, Maurizio Sacconi, Carlo Giovanardi e Roberto Formigoni. Ma per i ‘lealisti’, sono almeno altri 6 gli indecisi, quindi - viene spiegato - se si dovesse andare alla ‘conta’ nella “peggiore delel ipotesi” i lealisti avrebbero la meglio per 13 a 11 voti. All’ordine del giorno della convocazione dell’ufficio di presidenza, la “relazione del presidente in merito alla definizione delle linee politiche e programmatiche del partito, decisioni sull’attivita’ politica e adempimenti”, al primo punto. Il secondo punto recita invece: “Situazione patrimoniale e conto economico alla luce delle modifiche sulla legge sul finanziamento ai partiti”. Infine, ultimo punto, “determinazioni in merito al recupero dei versamenti arretrati degli eletti parlamentari e consiglieri regionali”. Tra le proposte che Berlusconi potrebbe avanzare, conseguenti al passaggio a Forza Italia, la nomina di Alfano a vicepresidente del partito, visto che lo statuto di Fi non prevede il ruolo di segretario ma solo quello di presidente, nelle mani di Berlusconi.

FITTO - L’ufficio di presidenza “sara’ una occasione per discutere e lo faremo in modo molto sereno e franco. Il mio auspicio è trovare una unità vera intorno a Berlusconi”. Lo dice Raffaele Fitto parlando a ‘Porta a Porta’. Fitto ha escluso una scissione sottolineando che lavorera’ per evitarla perché “sarebbe un errore gravissimo”.

BRUNETTA SULLA BINDI - Se Rosy Bindi non si dimetterà da presidente dell’Antimafia il Pdl è pronto alla ‘guerriglia’ in Parlamento. E’ quanto Renato Brunetta avrebbe detto al Pd nel corso del vertice di maggioranza sul decreto Pubblica amministrazione, almeno a quanto riferito. Al termine dell’incontro, il capogruppo ha confermato la linea dura. “Non parteciperemo alle attività dell’Antimafia”, ha detto ai cronisti. E sugli altri provvedimenti?, gli è stato chiesto. “Gli strappi hanno dei costi...”, ha risposto.

“Ieri è accaduto qualcosa di grave perché se si sta insieme in maggioranza si sta in modo rispettoso. Condividendo le scelte. Se si compie la scelta di votare il presidente in assenza del partner di governo, c’e’ qualcosa che non va”. Raffaele Fitto, a Porta a Porta, sostiene l’aut aut di Renato Brunetta al Pd: “O condividiamo le scelte oppure diventa molto difficile proseguire un percorso di governo insieme”, dice Fitto. Ma ci sara’ guerriglia? “Il tema della commissione antimafia va ripreso e chiarito. Non e’ un dettaglio, e’ qualcosa di molto molto grave”.

PD - “Il lavoro del governo e del Parlamento non può essere sottomesso ogni giorno ai continui e puntuali diktat del capogruppo del Pdl alla Camera. E, soprattutto, Brunetta non può giocare sulla pelle degli italiani per le battaglie interne al suo partito”. Lo dichiara il vice presidente del Gruppo Pd alla Camera, Andrea Martella.
“Se c`è un punto su cui fare chiarezza e liberare l`azione del governo e della maggioranza dalle continue fibrillazioni - aggiunge -, oggi la scusa è la commissione Antimafia, è proprio questo”.

LEGGE ELETTORALE, L'IPOTESI DI ACCORDO - In commissione Affari Costituzionali del Senato è stato trovato un accordo su una “ipotesi di lavoro per una modifica del sistema elettorale a Costituzione invariata”. Resta il disaccordo su come assegnare il premio di maggioranza. Lo schema, presentato dai relatori del Pdl, Donato Bruno, e del Pd, Doris Lo Moro, prevede per la Camera dei Deputati l’assegnazione del “20% dei seggi con metodo proporzionale, senza voto di preferenza, su liste circoscrizionali di candidati, con alternanza di genere, nelle 26 circoscrizioni attuali” e dell’ “80% dei seggi con metodo proporzionale, su base circoscrizionale, su liste di candidati in collegi plurinominali collegate reciprocamente con liste circoscrizionali”.

Nella bozza si legge poi che i “collegi plurinominali sono tendenzialmente di ambito provunciale o sub-provunciale; in ogni lista di candidati lo stesso sesso non puo’ essere presente in misura eccedente il 65% (o i 2/3)”. Inoltre, “soglie di sbarramento computate a livello nzionale sull’insieme delle liste circoscrizionali aventi il medesimo contrassegno: il 4 o il 5% per le liste non coalizzate, il 2 o 3% per quelle coalizzate; oppure il 10% in almeno tre circoscrizioni o il 20% in quelle di insediamento di minoranze linguistiche riconosciute. Ultimo punto riguarda il premio di maggioranza: “340 seggi alla lista o coalizione di liste circoscrizionali con il medesimo contrassegno che ottiene almeno il 40% dei voti a livello nazionale”.

DECRETO PA - Sì dell’Aula della Camera al decreto legge in materia di pubblica amministrazione. Il testo ora torna al Senato. I voti a favore nell’Aula della Camera sul decreto legge in materia di Pa sono stati 208, 11 i contrari, 76 gli astenuti.

LA GIORNATA E IL RISCHIO - Tensione, nella capigruppo alla Camera, tra il capogruppo Pdl Renato Brunetta e il ministro Dario Franceschini. ‘’Per noi il decreto sulla Pa può decadere’’ avrebbe affermato Brunetta. A questo punto, ha osservato il ministro, ‘’il quadro è cambiato’’, lasciando intendere che c'è un problema politico dentro la maggioranza. Il decreto sulla pubblica amministrazione arranca in Aula nonostante la tagliola dei tempi, visto che scade il 30 ottobre. Il governo, come ha spiegato il ministro Gianpiero D’Alia, voleva evitare fino a stamattina l’uso della fiducia perche’ usato impropriamente per tagliare i tempi. Dopo che, pero’, nella riunione dei capigruppo, Brunetta ha spiegato che per il Pdl il decreto può decadere, nel governo si è capito che gli ostacoli al via libera al provvedimento non sono solo di merito ma politici dentro la maggioranza.