ROMA, 27 OTTOBRE 2013 - DOPO l’esperienza del governo Monti anche lei si è innamorato della politica e ha ammesso che qualcosa farà. Sarà l’ennesimo partito di centro?


«No — risponde Corrado Passera —. Prima che di un partito l’Italia ha bisogno di un progetto per il Paese. Questo purtroppo oggi manca e non solo ai partiti di centro».


Su cosa lavora, allora?


«L’Italia è bloccata. La disoccupazione aumenta drammaticamente, 10 milioni di persone hanno problemi di lavoro e, con le loro famiglie, paura del futuro. Non credo in timide evoluzioni dell’esistente per cambiare senso di marcia. Il mio progetto parte dalle emergenze delle persone: lavoro, crescita, tenuta sociale».


Non assomiglia un po’ troppo a Italia Futura di Montezemolo?


«Lì c’erano idee buone. Però ci vuole molto di più. Possiamo salvare l’Italia solo con cambiamenti radicali. Anche per questo non sono entrato in Scelta Civica. Bisogna mettere in campo non solo scelte innovative, ma anche centinaia di miliardi per rivoluzionare il nostro Paese, non qualche miliardo come fa la legge di Stabilità».


Dove li trova tanti soldi?


«Non tutto ovviamente può venire dallo Stato: bisogna mobilitare capitali privati, italiani e internazionali, il credito, le imprese. Inoltre lo spazio di risparmio nel pubblico è ancora enorme, come pure per valorizzarne l’immenso patrimonio».


Il bilancio pubblico può dare poco, se non sforando i parametri europei. È questo che proporrà?


«No: gli impegni europei vanno rispettati. Se mai dobbiamo pretendere anche dall’Europa un impegno molto maggiore a investire per la crescita».


Che cos’è la cattiva politica?


«Quella che si barcamena per sopravvivere, senza decidere. In passato usava le svalutazioni e il debito pubblico; venute meno queste scorciatoie, non ha osato aggredire le riforme. In alcuni settori, come la burocrazia, la giustizia o l’istruzione, ci vuole il coraggio di vere rivoluzioni».


Molti lo dicono, ma nessuno l’ha fatto...


«Alle Poste, dove l’impresa sembrava disperata, io l’ho fatto. Lì e al ministero ho capito che il pubblico è una miniera di enormi potenzialità. Come l’Italia, del resto, che può giocare la sua partita nel mondo globale se valorizza innovazione, cultura, creatività, turismo e agricoltura».


Quindi il male è la politica?


«Molti problemi si accumulano da trent’anni ma l’ultimo decennio è stato proprio disastroso. Le larghe intese e il governo tecnico sono state poi occasioni sprecate. La legge elettorale ha fatto il resto, selezionando al ribasso: i tre — Berlusconi, Renzi e Grillo — non mi sembrano per altro così ansiosi di cambiarla».


Lei ha detto che il suo progetto non è nè di destra nè di sinistra. Vuol dire che non cerca alleati?


«Dare priorità alla competitività del Paese assicurando un welfare sostenibile e promuovendo la sussidiarietà è un progetto di sinistra o di destra? La meritocrazia è di destra o di sinistra?».


C’è un mercato elettorale?


«La maggioranza degli italiani non è soddisfatta dall’attuale offerta politica. Si dice che il consenso si ottiene solo con la demagogia e gli slogan: gli italiani secondo me sono molto più saggi. Certo devono convincersi che il piano sia valido, le persone all’altezza e che i sacrifici e benefici siano suddivisi equamente».


La leadership?


«In un mondo complesso il leader non è più l’uomo solo al comando, ma chi sa mettere insieme e guidare una squadra di leader».


Qualche suo ex amico, però, ha detto che la sua esperienza da ministro è stata deludente, come tutta la parabola del governo Monti. Cosa risponde?


«Il nostro governo dopo i primi mesi, molto efficaci, ha indubbiamente perso slancio. Se penso ai miei ministeri trovo molti motivi di soddisfazione: liberalizzato il credito con i minibond, ridisegnato il mercato dell’energia dove finalmente i prezzi calano, introdotta una delle migliori normative per le Startup che sono già migliaia, iniziato a pagare i debiti scaduti della Pa, sbloccata l’agenda digitale e 50 miliardi di strade, ferrovie e altre opere prioritarie che aspettavano da anni, entro l’anno si chiuderanno persino gli ultimi cantieri della Salerno-Reggio Calabria».


Se tornerà al governo, di sicuro qualcuno dirà: ecco il governo dei banchieri...


«Chi fa politica non deve avere alcun conflitto di interesse e su questo non possono esserci mezze misure. Infatti ho venduto tutti i miei investimenti nella banca appena nominato ministro. Non è stata una scelta indolore».


Sei mesi da disoccupato. Come si sente?


«Trovo giusta la regola che obbliga i ministri a dodici mesi di sabbatico. Un regalo della vita, soprattutto per la mia famiglia. Oltre al Programma per l’Italia mi sono dedicato a Encyclomedia, la prima enciclopedia digitale della civiltà europea alla quale lavoro con Umberto Eco da vent’anni. Lunedì scorso l’abbiamo presentata all’Onu ed è stata una grande soddisfazione».

di Massimo Degli Esposti