Di Marcello Mancini

Firenze, 9 dicembre 2013 - Sapete che cosa dicono gli amici d’infanzia del nuovo segretario del Pd? "Matteo era un capo e voleva vincere sempre, sennò portava via il pallone e tutti zitti". Oggi che ha stravinto, il pallone è sgonfio e dovrà essere lui a rimetterlo a posto per giocare la partita. Eppure chi lo conosce sa che non c’è da preoccuparsi: sapeva che questo sarebbe stato il suo compito. Non a caso, quando si accorse che non sarebbe mai diventato un calciatore al top, decise di fare l’arbitro.

Comunque protagonista. Sedotto dall’apparire, affascinato dal palcoscenico e dalla televisione. Sono ormai celebri le immagini di lui che, armato di occhiali, brufoli d’ordinanza e frangetta sulla fronte, vince 48 milioni di lire alla Ruota della fortuna di Mike Bongiorno. È il 1994: ha diciannove anni. Giovane comunicatore prima di diventare giovane politico. Perché nel 1999 viene eletto segretario provinciale del Partito popolare, poi (2001) della Margherita e comincia una corsa inarrestabile. Il costume dei partiti, quello stesso che oggi vuole demolire - anzi: rottamare - gli consente di conquistare la presidenza della Provincia, perché la sinistra in questo pezzo della Toscana ha ancora maggioranze bulgare e se gli eredi del vecchio Pci decidono una candidatura, l’elezione è assicurata. Eppure il più giovane presidente della provincia che ci sia in Italia fa vedere di che pasta è fatto e restituisce a un ruolo svuotato, serbatoio di politici "rottamati", trasformato nel cimitero degli elefanti dalla Casta che non abdica, un prestigio e una ribalta mai visti.


Renzi è ancora un giovane ambizioso - ma non pericoloso - e costruisce qui la sua fortuna politica. Capisce anche che Firenze è un formidabile trampolino di lancio nazionale per chi si sa tuffare e "annusa" che la cultura è un motore inesauribile, che Palazzo Vecchio sottovaluta. Inventa il "Genio Fiorentino", che gli consente di invitare a Firenze personaggi da tutto il mondo e di farsi benvolere dai politici nazionali più accreditati. Francesco Rutelli, che è vicepresidente del Consiglio, lo porta con sé negli Stati Uniti e gli fa conoscere{{WIKILINK}} Hillary Clinton{{/WIKILINK}}; comincia a frequentare le stanze romane e capisce che il nostro sistema politico si sta sgretolando, che c’è spazio per una nuova stagione della quale lui può diventare protagonista.

Così quando nel settempre 2008 annuncia di volersi candidare alle primarie per il sindaco di Firenze, gli spariscono dalla faccia brufoli e frangetta e i notabili di partito intuiscono che il ragazzotto di provincia può trasformarsi in una mina vagante. Anche perché parla di "lotta alla casta e agli sprechi" e, soprattutto, non si accontenta di farsi ancora cinque anni da presidente della Provincia, come gli consigliano per tenerlo buono. Vince le primarie contro ogni pronostico, anche contro Lapo Pistelli, il favorito, di cui era stato giovanissimo portaborse in Parlamento. È qui che comincia la scalata e non si ferma più. Gli basta un anno da sindaco per creare la "Leopolda". Novembre 2010, c’è anche Pippo Civati, che lo molla dopo pochi mesi perché capisce che Matteo è "one man show". A Renzi importa poco: la rivoluzione è cominciata. E il bello deve ancora venire.