Roma, 22 febbraio 2014 - Per l’esecutivo di Matteo Renzi l’Aula del Senato potrebbe diventare un passaggio non completamente liscio. In attesa del voto di fiducia, che si terrà lunedì, si guarda infatti ai numeri di Palazzo Madama. Sulla carta i voti ci sono. Ma c’è anche qualche mal di pancia.

I senatori sono 320 con i 5 a vita. La maggioranza della metà più uno è dunque 161, ma basterà avere il maggior numero dei votanti.
Scontato il voto favorevole del Pd che a Palazzo Madama conta 107 senatori. Ma i civatiani si riuniranno domani, a Bologna, per confrontarsi e decidere che cosa fare. Al Senato sono in sei. Ci sarebbe del malessere, ma non si esclude, si apprende in ambienti parlamentari, che alla fine possano prevalere i sì per senso di responsabilità.

Ai voti favorevoli a Renzi vanno aggiunti quelli del Ncd (31) e quelli di Scelta civica 7. I popolari per l’Italia si riuniranno lunedì mattina in Senato per decidere che fare. Nonostante la presa di posizione di Maurizio Rossi che ha dichiarato che non voterà la fiducia, è presumibile, si sottolinea in ambienti parlamentari, che ci penseranno molto a non votare, come gruppo, la fiducia, essendo stati nei mesi scorsi fra i più strenui sostenitori della governabilità ed essendo, viene sottolineato ancora in ambienti parlamentari, da sempre responsabili.

Certo, avevano chiesto che il ministro della difesa Mario Mauro restasse nell’esecutivo. E così non è stato. E poi c’è quello che per qualcuno è l’inspiegabile accordo con Pierferdinando Casini (nel governo Renzi c’è il ministro dell’ambiente Galletti Udc). O meglio, spiegabile, si osserva ancora, solo nella logica di un asse Renzi-Berlusconi, per schiacciare, in un’ottica bipolare, qualsiasi tentativo di agevolare un terzo polo.

Ma tant’è. I Popolari ascolteranno, in ogni caso, con grande attenzione le comunicazioni che Renzi farà in Aula e guardano al programma. Perché, sarebbe questo il ragionamento, dopo la fiducia comincerà un percorso parlamentare che non dovrà andare a discapito di punti fondamentali per i Popolari.

Al Senato c’è poi il gruppo Gal ( sono 11) con solo 3 senatori che hanno già votato la fiducia al Governo Letta. Quanto al gruppo delle Autonomie (sei senatori autonomie, 3 Psi, 2 senatori a vita e uno eletto all’estero) si registra qualche mal di pancia per le scelte fatte da Renzi.
Le Autonomie avevano chiesto, infatti, a Renzi di avere al ministero per i rapporti con il Parlamento un interlocutore che, secondo quanto si apprende, conoscesse le problematiche dei loro territori e delle Regioni e sarebbe andato loro benissimo una conferma di Delrio. Per attuare il programma concordato con Bersani e proseguito con letta. La nomina di Maria Lanzetta, verso la quale c’è apertura di credito, avrebbe creato un po’ di malumore.

Il Movimento 5 stelle non voterà la fiducia, ma bisognerà vedere che decisione prenderanno i senatori fuoriusciti che sono nel gruppo Misto.