Roma, 19 marzo 2014 - “Presenteremo la spending review alle Camere (ECCO LE SLIDE), la presenteremo nelle sedi parlamentari; il commissario ci ha fatto un elenco, ma toccherà a noi decidere. Come in famiglia se non ci sono abbastanza soldi sono mamma e papà che decidono cosa tagliare e cosa no”.

“Il tema del 3% come parametro oggettivamente è anacronistico”, dice poi il presidente del Consiglio, rilevando nella replica alla Camera che è opportuno “fare una discussione vera ma allo stesso tempo - ha sottolineato - il compito istituzionale è di garantire il rispetto degli impegni prima di tutto”.

Matteo Renzi ostenta il guanto di velluto del saggio esperto di economia domestica, ma sotto si intravede il pugno di ferro del decisionista. Il premier parla direttamente a chi il messaggio deve coglierlo, cioè al Parlamento. Stamane è alla Camera, a illustrare le linee programmatiche in vista del vertice dell’Unione Europea di domani e dopodomani. Nessuno, lascia intendere, pensi di poter commentare o tantomeno influenzare i tagli che saranno decisi da Palazzo Chigi. 

L’Aula della Camera approva la risoluzione della maggioranza, primo firmatario Roberto Speranza capogruppo Pd, sull’informativa del presidente del Consiglio in vista del Consiglio europeo di Bruxelles del 20 e 21 marzo. I sì sono 292, i no 169.

“I nostri numeri sulla disoccupazione giovanile gridano vendetta”, avverte Renzi, la riforma del mercato del lavoro è una riforma necessaria, che ci viene chiesta “dal 42% di giovani disoccupati”, e non solo dall’Europa.


Ad oggi “le riforme istituzionali che abbiamo proposto sono una novità, sono viste di buon occhio, sono la premessa per noi per restare al tavolo”, ribadisce a voler sottolineare il buon esito delle recenti visite a Parigi e Berlino, ma al secondo punto c’è la riforma del lavoro; è vero che ci sono opinioni diverse, il Parlamento sarà coinvolto attraverso lo strumento della delega che darà a tutti la possibilità di un ampio confronto, ma “non è un argomento a piacere che possiamo affrontare o no, ce lo chiedono i disoccupati”. Insomma, è il governo che deve decidere.

L'ARRIVO DI LETTA - “Saluto e ringrazio il presidente Letta” che ha dato “un importante stimolo” in vista del semestre europeo dell’Italia: così Renzi si rivolge all’ex presidente Enrico Letta, che prende posto esattamente di fronte a Renzi, al banco normalmente occupato dalla commissione, e non al suo banco tra i deputati del Pd.

L’ultima volta che ha partecipato a una seduta della Camera è stato per il voto di fiducia al governo. Oggi, salutando i cronisti, spiega: “Sono qui per ascoltare il discorso di Renzi sull’Europa. Va tutto bene, guardiamo avanti”, aggiunge.

INFORMATIVA IN SENATO - “Voglio ribadire che noi non intendiamo sforare il limite del 3% e lo diciamo consapevoli che altri Paesi, questo limite, lo stanno ampiamente oltrepassando, a partire da Paesi come la Francia”, aggiunge il presidente del Consiglio nel corso di un’informativa nell’aula del Senato sul Consiglio europeo del 20 e 21 marzo.

All’Unione Europea serve “un nuovo orizzonte, un nuovo inizio”, ma perchè l’Italia sia credibile nel rivendicare il cambiamento della Ue, “deve prima cambiare se stesso”, ribadisce il premier spiegando che “noi non andiamo in Europa a prendere i compiti da fare, ma andiamo a raccontare che tipo di Europa vogliamo avere”.


Tuttavia, “per arrivarci il governo ritiene che non sia rinviabile un percorso di riforme che ci caratterizzi come credibili in Europa. Non stiamo chiedendo l’autorizzazione all’Europa, stiamo dicendo che saremo credibili solo se realizzeremo le cose di cui parliamo da vent’anni”. E ribadisce: “Superare il bicameralismo, dotarci di una nuova legge elettorale, modificare il rapporto tra Stato centrale e livelli istituzionali, non è un modo per fare contento qualche capo di Stato ma di essere coerenti con l’idea che chi vuole cambiare l’Europa deve prima cambiare se stesso”.


Per questo, ribadisce, “da qui al primo luglio dovremo essere stati capaci non solo di aver messo in cantiere le riforme istituzionali, ma di aver aggredito una riforma della P.A. Non più rinviabile, di aver impostato la modifica del sistema fiscale, e una giustizia capace di rispndere alle esigenze del Paese”.

“Le misure che il governo ha cominciato ad attuare sono misure che non corrispondono al desiderio di arrivare alle elezioni, noi abbiamo il problema di una disoccupazione al 42 per cento, una mancanza di crescita che deriva dai nostri lacci e laccioli, il costo dell’energia per le imprese troppo alto”, spiega Renzi al Senato.