Roma, 28 marzo 2014 - All'inizio sembrava una boutade, quella di mettere il nome Renzi sulla scheda elettorale. L'aveva tirata fuori il videpresidente dem Matteo Ricci, spiegando che tutti, da Berlusconi ad Alfano a Grillo, il nome del leader lo stampigliano bello chiaro e non capiva perché il Pd no. Renzi aveva risposto che no, per le europee il suo nome non ci sarebbe stato, poi chissà.

Ora la proposta ritorna, anche sull'onda di un sondaggio Ixè per Agorà, secondo cui con il nome di Matteo Renzi sulla scheda, il Pd guadagnerebbe oltre due punti e mezzo (+2,6%) nelle intenzioni di voto attestandosi al 34,3%, mentre senza sarebbe al 31,7%. Non sono doppie cifre come nel caso del nome di Berlusconi per Forza Italia, ma non è neppure pochissimo.

E così Ricci torna all'attacco: “Non ho posto un problema grafico ma politico - spiega - C’è un’anomalia democratica: tutti i partiti mettono il nome del leader nel simbolo. Alfano, Berlusconi, Grillo, addirittura Tsipras per la sinistra radicale. C’è chi dice, anche comprensibilmente, che non bisogna caricare eccessivamente le elezioni europee. Altri invece, al nostro interno, sostengono che se il M5S diventa il primo partito sarà un cataclisma. Posto che il premier ha già detto che il nome non ci sarà, dal punto di vista politico il nodo rimane”.

E continua: "Lo ribadirò oggi in direzione: che valenza politica hanno queste elezioni europee? Se pensiamo che incidano sul percorso del governo, sulla capacità di portare avanti le riforme, sulla leadership di Renzi, allora se non con il nome il dibattito va comunque affrontato. Aprendo una riflessione sulla campagna elettorale”. E ancora: “Perché bisogna avere il miglior risultato possibile, vincere alle europee e nei Comuni. Ed è necessario - ha concluso Ricci - colmare il divario tra la fiducia più alta intorno al premier rispetto a quella sul partito”.