VUOI un uovo oggi o una gallina domani? Se fate questa domanda a un giovanotto di 35 anni che non ha ancora visto uno stipendio nella sua vita, vi dirà certamente che l’uovo va benissimo. Anche, magari, un mezzo uovo. Il conflitto fra il premier Renzi e i sindacati in tema di lavoro sta tutto qui. I sindacati vogliono la gallina, cioè un sistema di protezioni e di norme valide per l’eternità e che diano la massima sicurezza ai lavoratori. Renzi è disposto a lasciare un po’ più le briglie sul collo delle aziende purché assumano.
È sempre stato così, con i sindacati, e se non cambiano alla svelta saranno guai. È evidente a tutti che l’Italia ha la legislazione del lavoro più completa forse del mondo e sindacati molto agguerriti.
Il risultato, però, è sotto gli occhi di tutti: disoccupazione fra le più alte d’Europa e salari fra i più bassi. Certo, i rappresentanti dei lavoratori dicono che la colpa è di altri (i governi, gli imprenditori, l’Europa, l’America, la Cina, ecc...). In parte hanno anche ragione, resta il fatto che la loro posizione (immutabile come ogni ideologia) non è servita a evitare il disastro. Il famoso articolo 18 (che vieta i licenziamenti) non serve a niente quando le aziende chiudono.

È SOLO un ferrovecchio che la sinistra sindacale e politica agita continuamente. Come è un ferrovecchio l’idea che chi assume più del 20 per cento di lavoratori con il contratto a termine sia poi costretto a assumerne qualcuno (invece di pagare solo una multa, come vuole Renzi). Se fai sempre la stessa cosa, ma ti aspetti un risultato diverso, allora sei matto.
Dopo decenni in cui è cambiato tutto nel mondo del lavoro, i sindacati sono ancora fermi al secolo scorso (o addirittura a quello precedente): la loro grande idea è quella di introdurre nella legislazione italiana qualche ulteriore norma che “obblighi” gli imprenditori a assumere. Lungo questa strada hanno già perso tutto quello che potevano perdere (tre milioni di disoccupati e altri tre milioni che nemmeno un lavoro lo cercano più), ma vanno avanti, forse perché non sanno immaginare altro.
Quando il lavoro non c’è (e palesemente qui in Italia ne manca moltissimo) che senso ha battersi perché tutto sia regolamentato e perché le aziende siano, in qualche modo, obbligate ad assumere gente?

TANTI ANNI fa uno degli ultimi presidenti dell’Alfa Romeo mi spiegava che ogni vertenza (sulle pause, sui bagni, sugli stipendi) alla fine si concludeva sempre con la richiesta di qualche nuova assunzione. Cosa a cui l’azienda aderiva per riportare la pace in fabbrica e riprendere a produrre. Ebbene, si è visto come è finita: l’Alfa Romeo (a Arese) non c’è più. Tutte quelle assunzioni “indotte” sono andate in fumo.
La verità, molto più semplice, è un’altra. Per chi cerca un lavoro (o per chi ha già un lavoro) l’unica garanzia è quella di vivere in un Paese in crescita e non in stagnazione da più di dieci anni.
Il problema, quindi, è la crescita, non le garanzie ottocentesche che il sindacato chiede. E Renzi, con molto pragmatismo, e un po’ di coraggio (e rompendo molte uova nel paniere) questo sta cercando di fare: portarci a una crescita più decente.

E allora perché i sindacati, che dovrebbero essere i soggetti più direttamente interessati, stanno a perdere tempo e a tiragli i bastoni fra le ruote?