C’È CHI GIURA sul fatto che Giorgio Napolitano si sia pentito di aver accettato il bis al Colle e si dice che quando si trova solo nei silenziosi saloni del Quirinale, Re Giorgio rimpianga il giorno in cui non seppe resistere al suo senso dello Stato, o forse anche solo del dovere repubblicano, e si fece impietosire da quello sgangherato codazzo di segretari di partito saliti su per via della Dataria a implorare pietà. Di certo a rimproverare più volte quel lampo di virtù civile a uno degli ultimi padri della patria è stata la moglie Clio, che avrebbe tanto voluto trascorrere in pace gli ultimi anni di una straordinaria avventura di umana compagnia, e gli amici di una vita, primo tra tutti quell’Emanuele Macaluso da sempre sodale politico di Napolitano e verso di lui non privo di affettuose e disinteressate spigolosità amicali.

FATTO STA che adesso il presidente della Repubblica ha due pensieri fissi: concludere bene questo secondo mandato avviando le riforme istituzionali per le quali è rimasto, e poi lasciare prima possibile il Palazzone dei papi per trasferirsi poco lontano, in quella casa del limitrofo quartiere Monti (la splendida e intima zona tra il Quirinale e il Colosseo) dove ha sempre abitato e che ha conservato in questi anni.
Per poter concludere bene il lavoro Napolitano ha trovato anche il modo di instaurare una collaborazione reciprocamente soddisfacente con il giovane premier verso il quale all’inizio non erano state tutte rose e fiori. In fondo un po’ di diffidenza non poteva non esserci, e non solo per la differenza di età, se è vero che anche con Enrico Letta lo scarto generazionale era evidente ma l’assonanza quasi culturale lo era ancor di più. Con Renzi era stato un problema di linguaggio istituzionale, di diverse narrazioni politiche, che però alla prova del nove hanno trovato il modo di convivere più che bene. D’altra parte Napolitano è sempre stato un pragmatico e così ha visto nell’energia del giovane sindaco fiorentino una delle ultime possibilità concesse a una nazione raggomitolata su se stessa. L’ha individuata e da politico di razza qual è, il presidente l’ha colta al volo. La delusione politica a umana subita da Mario Monti era troppo vicina per non trovare la forza di imboccare un’altra strada, l’ennesima. Per lui l’ultima, almeno così spera.