di PAOLA FICHERA
— FIRENZE —

NON ESISTE una rivoluzione che inizi con ‘perfavore’. Concetto che Matteo Renzi ha ben chiaro in testa. Così dopo aver cercato di digerire lo scambio di lettere fra Veltroni e Bersani sul futuro del Pd e sul nuovo Ulivo (discettazioni sulla santa alleanza con Fini e Casini comprese) ha detto la sua, senza giri di parole: «Nuovo Ulivo? Uno sbadiglio ci seppellirà. Basta. Questi leader tristi del Pd devono andare tutti a casa». E nell’elenco ci sono, senza distinzioni D’Alema, Veltroni, Bersani, le colonne del Pd. Tutti da rottamare e «senza incentivi». Perché? «Perchè Berlusconi ha fallito — ha dichiarato — e noi stiamo ancora a giocare con le alchimie delle alleanze... Ormai siamo in tanti a pensarlo: ma si rendono conto di aver perso il contatto con la realtà?». Su Fini, poi, è lapidario: «Uno che passa da Almirante e Le Pen alla Tulliani e Barbareschi non fa certo per me». A lui piacciono di più Chiamparino, Zingaretti, anche Vendola. In ogni caso «gente che viene dal territorio». Con una sola esclusione: se stesso. «Fare il sindaco mi piace, rivendico solo il diritto di dire quello che penso sul mio partito». In fondo un merito ce l’ha, nel marasma del Pd romano esiste una certezza, e ne è consapevole, sono tutti contro di lui: «l’arrogante», «l’ambizioso».
E non parla solo ‘di pancia’ il giovane Renzi. Lo Statuto del Pd è chiaro: dopo tre mandati parlamentari basta. E se ci saranno elezioni anticipate c’è da giurarci che il sindaco di Firenze (e non sarà il solo) presenterà una mozione per dire no alle deroghe di ogni ordine e genere. Renzi batte il pugno sul tavolo mediatico, il primo riscontro naturalmente arriva da Facebook. Bersani dopo la pubblicazione della sua lettera (il 26 agosto) aveva ricevuto ieri (alle otto di sera) 187 «mi piace», il supermediatico Renzi, invece, 452 in una sola giornata. Questione generazionale, certo. I fan di Bersani frequentano di meno Facebook.



IN OGNI CASO, se il web è in fibrillazione, l’establishment del Pd sceglie la via del quasi silenzio. Il segretario torinese del Pd Gioacchino Cuntrò è gelido: «Questo è il tempo delle idee, della generosità, non è il tempo degli anatemi». Il deputato fiorentino Michele Ventura ci va giù ancora più duro: «Non ci servono uomini soli, ma un gioco di squadra e riprendere ora il gioco della delegittimazione interna è una grave responsabilità». Altro che «sbadigli» — commenta Arturo Parisi ex ministro della Difesa del governo Prodi e ulivista doc — se fosse solo una questione di nomi, ci sarebbe da arrabbiarsi di brutto. Quanto alla rottamazione, è evidente che dopo troppi anni di servizio, è bene che comunque ci si faccia da parte». Con un’aggiunta: «Sconsiglio ai giovani di iniziare troppo presto a fare politica. Ci si può trovare a 40 anni già vecchi». Giovedì il segretario Bersani sarà a Firenze alla Festa democratica. Lo scontro diretto è solo rinviato.