— ROMA —
I DUELLANTI erano riusciti a ignorarsi per tutto il giorno, a non incrociare mai lo sguardo: Gianfranco Fini seduto sullo scranno più alto di Montecitorio, Silvio Berlusconi subito sotto, tra i banchi del governo. Ma poi è arrivato Di Pietro. E allora è sucesso quello che nessuno dei due avrebbe voluto: il capo del governo si è dovuto alzare per chiedere a Fini di intervenire e il presidente della Camera ha dovuto difenderlo, proprio mentre il leader dell’Idv, in un crescendo di insulti, parlava delle «azioni di dossieraggio e killeraggio politico, di cui Berlusconi è maestro». Quasi le stesse accuse già mosse dal finiano Bocchino.
Certo è che la dichiarazione di voto di Di Pietro sulla fiducia al governo ha scatenato un putiferio. L’ex magistrato è andato giù pesante. «Lei — ha detto rivolgendosi direttamente a Berlusconi — è uno spregiudicato illusionista. Anche oggi ha raccontato frottole. Il Paese fuori di qui muore di fame e lei è venuto a suonare l’arpa della felicità come faceva il suo predecessore Nerone, mentre bruciava Roma e rideva come oggi ride lei e i suoi amici barbari padani». Il Cavaliere non sembra prendersela più di tanto, sorride e si tocca la testa con il dito a significare che Di Pietro è proprio matto. Tra i banchi del Pdl si inizia a rumoreggiare e in molti abbandonano l’aula.



MA L’ALTRO incalza sempre più violento fino a definire il premier «stupratore della democrazia». Fini, dopo le numerose scampanellate precedenti, ammonisce Di Pietro invitandolo a usare «un linguaggio consono a quest’aula». Nulla da fare, il capo dell’Idv incalza con le accuse (Berlusconi «manipola l’informazione», «è un serpente a sonagli», «compra i parlamentari», «è il capo piduista della cricca», «parla della società off shore a Montecarlo mentre di società off shore ne ha 64»). Il presidente del consiglio si alza dal banco del governo, si gira verso Fini e, allargando le braccia, gli fa capire che deve intervenire. Fini scuote la testa per ricordare di aver richiamato Di Pietro già due volte. Berlusconi torna a sedersi insoddisfatto. Il Pdl rumoreggia con toni da stadio, mentre nei banchi dell’opposizione i deputati restano fermi e zitti. «Non è uno spettacolo che il Parlamento può offrire al Paese — ribadisce Fini — l’onorevole Di Pietro si assume la responsabilità di quello che dice davanti al Paese».


IL TEMPO a disposizione dell’ex magistrato scade e in aula ritorna un po’ di calma. Ma poco dopo è fuori dall’emiciclo che riprendono le polemiche. Dice Sandro Bondi, coordinatore del Pdl: «È stupefacente che nessun esponente del Pd abbia avvertito il dovere di spendere una sola parola per prendere le distanze dal discorso pronunciato da Di Pietro. Mai, dall’epoca del fascismo in poi, il Parlamento era stato profanato in una maniera così squallida e volgare e con un linguaggio così violento e insultante». «Ho invitato l’ufficio di presidenza a valutare le dichiarazioni rese in aula da Di Pietro, perchè le ritengo ingiuriose e lesive nei confronti del presidente Berlusconi», sbotta Simone Baldelli, vicepresidente dei deputati Pdl, che invoca provvedimenti. «Ho detto solo la verità», gigioneggia Di Pietro. E Franceschini: «Ha esagerato, ma Bossi ha detto di peggio».
Olivia Posani