di ANTONELLA COPPARI
— ROMA —

«BUONO, buono», si lascia andare Silvio Berlusconi. La tensione si scioglie sul suo volto quando gli comunicano che la commissione affari costituzionali del Senato ha approvato la cosiddetta retroattività del Lodo Alfano, che così gli potrà fare da scudo non solo per i processi futuri ma anche per quelli in corso. E l’ha fatto con il voto favorevole sia di Lega e Pdl sia del finiano Saia e del lombardiano Pistorio. Il presidente della Camera — malgrado gli strali dell’opposizione — gli ha mandato un segnale concretissimo sulla cosa a cui lui tiene di più. L’iter è lungo, ma quanto accaduto serve a raffreddare il clima e dimostra che, volendo, ci sono i presupposti per iniziare un nuovo percorso di collaborazione.
Lo conferma la spedizione fatta a Montecitorio dal guardasigilli Alfano dopo l’incontro con Schifani: l’ex leader di An non ha preso impegni sulla riforma costituzionale della giustizia (troppo generiche le linee guida illustrate) però non ha mostrato nemmeno di volersi mettere di traverso. La giudicherà se e quando verrà approvata dal consiglio dei ministri: «Da qui dovete passare. L’importante è che non contenga niente di inaccettabile contro i magistrati».
Buone notizie per il premier che fanno il paio con quella che viene da Palazzo Spada: il consiglio di Stato sospende i riconteggi in Piemonte, Cota per il momento è salvo, la Lega un po’ si placa. Soddisfatto il portavoce Paolo Bonaiuti: «E’ una decisione che ci riempe di gioia». A rovinargli la giornata provvedono gli ultimi sondaggi che lo danno giù anche per effetto della prolungata convalescenza. Pesano pure le liti nel Pdl: qualcuno addirittura segnala incontri tra i big per cominciare a discutere del dopo-Berlusconi per contenere l’espansionismo di Tremonti e della Lega. Uno scenario che passerebbe per la costruzione di una nuova leadership e di un partito più democratico. Vero? Falso? Certo è che le fibrillazioni interne infastidiscono il Cavaliere che — in vista dell’ufficio di presidenza di questa sera — ribadisce la sua contrarietà alla correnti: «Basta personalimi». Di qui la mediazione Cicchitto-Scajola-Quagliariello di ricomposizione interna soprattutto rispetto agli ex An con la sponda della Gelmini, mentre c’è chi (Valducci) invoca un congresso a primavera.




INTANTO, è la giustizia ad occupare i suoi pensieri. Per quanto non lo sopporti, il premier — rientrato a Roma all’ora di cena e raggiunto subito a Palazzo Grazioli da Alfano e Ghedini — deve dar atto a Fini di una certa coerenza. «La retroattività del Lodo è nei patti — spiega Saia — e noi li abbiamo rispettati». Il sì in commissione è stato autorizzato dall’alto e Giulia Bongiorno l’ha difeso in pubblico. Se Bocchino dà l’impressione di alzare l’asticella («me ne occuperò alla Camera»), il coordinatore provvisorio di Fli, Urso, rimette il treno sui binari avvertendo che tra Senato e Camera non ci saranno ripensamenti. Corrono sui siti web le proteste del popolo finiano, deluso anche dall’autorizzazione a procedere che la Camera ha negato ai magistrati contro l’ex ministro Lunardi con il voto anche della maggior parte dei finiani. Ancor più forti le grida che si levano dal Pd: «Vergogna — riassume Bersani — faremo le barricate». Ma Casini — che non ama la retroattività — annuncia l’astensione in aula dove il provvedimento dovrebbe arrivare ai primi di novembre. Si annuncia una larga maggioranza: in questo clima, i dipietristi chiedono al Quirinale di «tenersi fuori da questa proposta» ma Napolitano fa sapere di essere estraneo allo scontro, anche perchè l’ultima parola sul Lodo sarà del popolo, nel caso di un referendum confermativo, e prima ancora della Consulta.
Gira voce di un nuovo orientamento prevalente fra i giudici costituzionali sul legittimo impedimento di cui sarebbero informati i vertici istituzionali e lo stesso premier: il 14 dicembre potrebbero dichiararlo conforme alla Costituzione.