— ROMA —
FERNANDO Aiuti non è convinto. L’immunologo che da un anno è diventato «professore emerito» della Sapienza, raggiunta la soglia della pensione, non condivide l’entusiasmo. E teme che i malati possano farsi illusioni: «La gente deve capire che, eventualmente, tra dieci anni questo vaccino potrebbe essere usato per una piccola parte di persone».
Eventualmente. Perché? Che cosa non la convince?

«Ho partecipato nella fase uno a parte della sperimentazione e poi l’ho abbandonata perché non condividevo i risultati. Sono stato anche denunciato per questo: non c’è diritto di critica scientifica».
Ma nel merito?

«La fase due è arrivata dopo sei anni dalla fase uno. Normalmente ci vogliono sei mesi-un anno».
Questo che cosa significa?

«Non lo so, veda lei».
Altri appunti?

«A livello internazionale non viene dato credito a questa sperimentazione. Anche negli ultimi congressi non se ne è fatto cenno. Tutto ciò mi crea grosse perplessità. E il numero dei pazienti ammessi è molto ridotto. Non vorrei che la gente si facesse illusioni».
Non condivide nulla?

«Dico che sull’unico parametro riconosciuto significativo a livello internazionale, i linfociti Cd4, non sono state rilevate modificazioni significative e persistenti».
I risultati sono stati pubblicati su Plos One.

«E’ una rivista che ha un fattore di impatto pari a 4, non è di primo piano. Perché altre riviste internazionali con fattori 8 o 9 non hanno pubblicato nulla?».
Altre considerazioni?

«La vaccinazione è stata condotta con la terapia antiretrovirale Haart, che è efficace nella maggioranza dei soggetti e che di per sé induce la ricostituzione immunologica».
In passato si è parlato di un problema di fondi.


«E’ un momento di crisi, le scelte sono costose. Invito a prendere decisioni che siano condivise con esperti internazionali. Se tutti i fondi vengono dati agli studi sul vaccino, il resto?».
s. m.