di LORENZO SANI
— BOLOGNA —

DALL’UNITÀ d’Italia a una reale, effettiva, unione del Paese ci sono voluti un secolo e la più imponente opera di ingegneria civile mai realizzata, l’Autostrada del Sole. Cinquant’anni fa, il 3 dicembre 1960, venne inaugurato il tratto dell’A1 Bologna-Firenze. Il taglio del nastro avvenne al Valico di Citerna, il punto più alto del percorso, dove salirono il presidente del Consiglio Amintore Fanfani e il ministro dei lavori pubblici Benigno Zaccagnini. E l’Italia entrò nel futuro.
Per percorrere i 761,3 chilometri che separano Napoli da Milano i mezzi commerciali, prima di allora, impiegavano due giorni. L’impulso che l’autostrada diede allo sviluppo economico italiano era inimmaginabile. Come sono inarrivabili i tempi i cui, all’epoca, si riuscivano a portare a temine le grandi opere: tra la fase di progettazione e la consegna dell’arteria autostradale c’è voluta la metà del tempo che invece si è reso necessario per l’ideazione della Variante di Valico e l’apertura del primo cantiere. Paradossi del progresso. La A1 fu l’emblema dei successi ingegneristici italiani che ora affrontano una nuova sfida: i 65,8 chilometri della Variante di Valico, sulla quale prevalentemente confluirà il traffico pesante e la cui inaugurazione è prevista per la fine del 2013.



«SIAMO certi che ritroveremo, un domani la stessa sensazione nel vissuto dei nostri figli, quando la Variante sarà entrata anch’essa nella storia ordinaria della viabilità italiana. Un’opera compiuta con la stessa passione di allora, ma con tecnologie e sistemi di costruzione più avanzati», sottolinea Giovanni Castellucci, ad di Autostrade per l’Italia, parlando dell’opera più imponente sia dal punto di vista ingegneristico, che finanziario, con oltre 5 miliardi di spesa realizzata da un investitore privato.
Il passato insegna a guardare avanti e a quella sfida che si rinnova anche per rilanciare un Paese che dà l’impressione di essersi seduto sui suoi successi.



«IL PROBLEMA della costruzione dei grandi viadotti costituì uno dei più importanti banchi di prova per le tecniche ingegneristiche di cantiere», ricorda l’ingegner Franco Righetti nel suo libro L’autostrada Transappenninica Bologna-Firenze, riferendosi ai cantieri autostradali degli anni ’50. Le ‘centine a ventaglio’, un gigantesco sistema di impalcature di tubi innocenti utilizzate per la costruzione appunto dei viadotti, 50 anni fa erano al limite della fantascienza. Oggi sono preistoria. Ma bisogna fare i conti con la burocrazia. E laddove si fa prima a scavare una galleria che a mettere un timbro, vanno fatti bene.