di IACOPO SCARAMUZZI
— CITTA’ DEL VATICANO —

INSERIRE una clausola sulla libertà religiosa negli accordi commerciali internazionali. È la proposta che padre Bernardo Cervellera lancia per l’anno nuovo, dopo le violenze anti-cristiane in Iraq, Cina e, ieri, Egitto.
«In Egitto convertirsi dall’Islam è proibito», spiega Cervellera, sacerdote e direttore di Asianews, agenzia stampa del Pontificio istituto missioni estere. «Nel caso dell’attacco di ieri, l’accusa è che i monasteri tengono in ostaggio alcune donne. In realtà sono donne cristiane che, sposandosi a uomini musulmani, sono state obbligate a cambiare religione e ora, maltrattate dai mariti, vogliono tornare alla fede cristiana. La verità è che i monasteri salvano loro la pelle».
Qual è la situazione in Iraq, epicentro delle violenze anti-cristiane di questi anni?


«Lì si concentrano molti problemi: il fondamentalismo islamico che colpisce i cristiani come i musulmani moderati, la pressione dell’Iran, le differenze etniche».
Il Papa dice che i cristiani oggi sono il gruppo religioso più perseguitato al mondo. Qual è la causa?
«I motivi sono diversi. Cresce il fondamentalismo islamico, che vede i cristiani come servi dell’Occidente o, come dice Al Qaeda, inquinatori del mondo arabo, perché hanno portato la modernità, la dignità della donna, la democrazia. In paesi come Cina, Vietnam o Nord Corea, poi, i poteri politici hanno sempre più la pretesa di dominare la vita della gente. Ma anche in Occidente la libertà religiosa è messa in discussione e per molti governi occidentali la religione va, se non eliminata, almeno emarginata».
Come smentire l’identificazione tra cristianesimo e Occidente?
«I cristiani del Medio Oriente non sono filo-occidentali. I cristiani iracheni hanno osteggiato l’invasione militare di Bush, i cristiani di Terra Santa sono contrari all’occupazione israeliana. È Al Qaeda che fa tutto un calderone e parla di cristiani come strumento dell’Occidente. Ma in realtà questi cristiani abitano nella regione da molto più tempo dei musulmani».
Il benessere economico cinese non porterà maggiore libertà religiosa?
«Questo è un sogno degli anni Novanta. La Cina adesso è la seconda economia del mondo, ma non sono rispettati né i diritti dei lavoratori né i diritti umani. Bisogna innanzitutto rispettare la libertà religiosa, che è sintesi e compimento di tutti i diritti umani. Inoltre, è nell’interesse della Cina stessa. Perché se il Governo non dà maggiore libertà alla popolazione, c’è il rischio di mille piazze Tien an Men».
La politica difende i cristiani perseguitati, ma spesso solo a parole. Proposte concrete per il 2011?







«Primo, quando si hanno rapporti commerciali con paesi nei quali non c’è libertà religiosa, come la Cina o l’Arabia Saudita, bisogna denunciare questa violazione. In tal modo il dialogo economico diventa anche confronto sui valori universali. In secondo luogo, è urgente che gli aiuti economici ai paesi più poveri, soprattutto islamici, siano condizionati all’apertura di scuole. Il fondamentalismo cresce perché gli stati islamici non fanno nulla per aprire scuole libere, e così si lascia spazio alle madrasse fondamentaliste che preparano i terroristi».