di NUCCIO NATOLI
— ROMA —

«IL MIO dovere è rispettare le decisioni del nostro Comitato centrale: il referendum della Fiat è illegittimo. E’ un punto su cui non c’è discussione o ripensamento». Il segretario della Fiom, Maurizio Landini, novello Ulisse si mette la cera alle orecchie e il «richiamo» della segretaria della Cgil, Camusso («Se alla Fiat vinceranno i sì la Fiom accetti il voto») non lo smuove.
Nessun ripensamento dopo l’esortazione dall’alto?
«Mi spiace, ma non ne capisco la logica. Il Comitato centrale Fiom, ai cui lavori ha partecipato pure la segreteria nazionale Cgil, ha deciso con 102 voti a favore, 27 astenuti e nessun contrario».
Quindi, no alla Camusso?
«Io dico sì al nostro Statuto e a quello della Cgil. Gli altri suggerimenti non mi interessano».
Che cosa dice lo Statuto?
«Che i diritti indisponibili dei lavoratori non possono essere sottoposti a referendum. Ricordo che la norma fu voluta da Bruno Trentin. Visto che il referendum è illegittimo, non si può ipotizzare di rispettarlo, qualunque sia l’esito».
Con il rischio, però, di mettere fuori gioco la Fiom e la Cgil?
«Credo sia molto più importante evitare il rischio che a finire fuori gioco siano i princìpi costituzionali, primo fra tutti quello della libertà delle persone».
In fondo, Marchionne e Fiat hanno fatto una proposta. Con il referendum i lavoratori sceglieranno se accettarla, o no.
«Quella della Fiat non è una proposta, ma la logica del Far West. Il forte vince, il debole può solo perdere. Il referendum è un velo per coprire la vergogna».
Che sarebbe?
«Far esprimere un parere con una pistola alla tempia. Se dici sì forse vivrai, se invece dici no muori subito. Qualunque sarà il risultato, non sarà la libera scelta di chi voterà».
I posti di lavoro, però, sono un fatto concreto.
«Certo, ma non è vero che il metodo Fiat sia l’unico possibile. La nostra battaglia punta a fare emergere questa bugia».
Perché bugia?
«Nell’ultimo anno e mezzo, nonostante la crisi, il sindacato — compresa la Fiom — ha fatto migliaia di accordi rispettando la legge del contratto nazionale, nonché i princìpi e i valori della Costituzione. E’ la prova che gli accordi si possono fare. Basta volerlo e che di fronte ci siano interlocutori che non dicano solo: prendere o lasciare».
Qualche esempio concreto?
«Pochi giorni fa, con la partecipazione del ministero dell’Industria, ne abbiamo chiuso uno davvero difficile con l’Indesit del gruppo Merloni».
La Fiat promette anche investimenti corposi.
«In molti degli accordi fatti la controparte ha messo sul piatto anche gli investimenti. La verità è che gli accordi si fanno con chi li vuole fare. La Fiat, semplicemente, non voleva un accordo. Vuol solo fare come le pare».
Il suo no alla Cgil conferma pure lo sciopero generale di 8 ore?
«Ovvio, dobbiamo evitare che il metodo Fiat diventi una regola generale. Sarebbe la fine delle libertà e dei diritti nel mondo del lavoro. Lo dovrebbe capire pure la politica che finora si è limitata a tenere la testa sotto la sabbia».
Il Comitato centrale potrebbe cambiare la scelta della Fiom?
«Certo, ma il Comitato centrale ha già deciso. Ora dobbiamo solo fare rispettare la scelta e spiegarla ai lavoratori».