di MAURIZIO MARABINI
— FAENZA (Ravenna) —

TREMILA i merli morti in Arkansas, altri 500 in Louisiana, centinaia i corvi stecchiti in Svezia. Una morìa inspiegabile di pesci ancora negli Stati Uniti. Oltre settecento le tortore morte a Faenza. Cos’è, un anticipo della fine del mondo? Niente di tutto questo, almeno nella città romagnola dove sono attivati tutti, dagli ambientalisti ai veterinari dell’Ausl fino al Corpo forestale dello Stato. Senza contare il tam-tam esploso sui siti Internet e sui vari blog degli animalisti, allarmatissimi per una strage di cui non si capiscono le cause e non si riescono a delineare i confini.


LE ANTICIPAZIONI dei risultati delle analisi sulle tortore morte a Faenza consentono di escludere azioni dolose, maledizioni divine e chissà cos’altro. Sembra proprio che i volatili siano schiattati per una dieta sbagliata, prolungata, a base quasi esclusiva di semi di girasole. I quali semi sono di difficile metabolizzazione, soprattutto da parte di uccelli già debilitati dalla stagione invernale. E’ quanto affermano le anticipazioni delle analisi effettuate all’Istituto zooprofilattico di Lugo, e rese note dal consigliere di amministrazione Rodolfo Ridolfi. «Le tortore hanno patologie al fegato e alla milza — spiega Ridolfi —. Nel gozzo avevano semi di girasole, di cui sono ghiotte. Ma questi uccelli hanno minori difese rispetto ad altri volatili, come i piccioni». E muoiono, a centinaia. Un fenomeno francamente impressionante: carcasse sulle strada, schiacciate dalle auto, nei parcheggi della zona industriale a ridosso dell’oleificio che lavora i semi di girasole, sui tetti dei capannoni. L’oleificio Tampieri, suo malgrado al centro della morìa delle tortore, è il maggiore in Italia nella lavorazione di semi vari. Ora tratta soprattutto semi di girasole, ed è questo l’obiettivo delle nuvole di tortore che si sfamano nei piazzali, inconsapevoli di andare verso la morte. E nuvole di tortore, intanto, continuano il loro andirivieni, dagli alberi e dai cornicioni alle montagne di semi. «La situazione a Faenza è la medesima da tre anni a questa parte — rivela Nadia Caselli, responsabile della Lipu a Bologna —. Lo scorso anno affidammo alcune carcasse di tortore all’istituto zooprofilattico per scoprire le cause delle morti. Il responso fu che avevano un problema epatico, dovuta alla cattiva alimentazione. Una dieta non variata e a base di semi oleosi le intossica in maniera letale. Fra l’altro, si tratta di animali non abituati al freddo. Sono arrivati migrando dall’Asia. Sono qui da anni, ma la stagione invernale, con il freddo costante, li indebolisce». I semi pieni di olio fanno il resto.


PER SGOMBERARE il campo da ipotesi di influenze aviarie o emorragiche, che sono contagiose, il servizio veterinario provinciale dell’Ausl ha chiesto e ottenuto dall’Istituto zooprofilattico uno screening veloce sulle carcasse di tortore. «Non sono state trovate tracce di queste patologie — spiega il dirigente del Servizio, Paolo Ghinassi —. Per gli esami tossicologici e la ricerca di eventuali elementi chimici occorrono tempi più lunghi. Gli elementi che abbiamo ora in mano comunque delineano un quadro tranquillizzante».