ROMA, 17 gennaio 2011  — TRA ‘BUNGA bunga’, bestemme e insulti di ogni tipo, è la politica italiana la vincitrice della «Top 10 delle parolacce 2010», la classifica delle volgarità dette dai Vip di tutto il mondo nell’anno appena trascorso e che hanno fatto il giro dei maggiori media del globo.

Da Berlusconi a Bossi a D’Alema alla Carfagna, è lunga la lista di esponenti della politica italiana che hanno conquistato postazioni più o meno alte nella «Top Ten delle parolacce 2010». Ed al primo posto svetta il ‘bunga bunga’. Interpretato ormai come un cult della volgarità e tradotto come ‘orgia di gruppo’, il ‘bunga bunga' è rimbalzato sulle cronache mondiali dopo l’interrogatorio in Procura dell’allora minorenne Ruby Rubacuori. Ma non solo. Sul podio, al terzo posto, c’è anche la bestiemma sfuggita al premier Silvio Berlusconi poco prima del G8 de L’Aquila del 2009 ma resa pubblica nel 2010.


A redigere la top ten delle parolacce è stato lo psicolinguista Vito Tartamella. «Le parolacce in politica sembrano diffuse particolarmente in Italia, dove c’è un uso davvero frequente di insulti fra politici, una realtà che si basa su tre fenomeni», spiega Tartamella: la spettacolarizzazione, la personalizzazione e la volgarizzazione della politica. che alla fine aumentano il disinteresse degli elettori. Ecco perchè, a differenza degli anni scorsi, nella classifica ci sono meno episodi divertenti e più livore» aggiunge Tartamella.

È IL CASO DI MASSIMO
D’Alema, deputato del Pd e presidente del Copasir, che si è conquistato il decimo posto in classifica perchè, il 3 maggio 2010, nel corso della trasmissione di Rai3 Ballarò, «ha dato del «bugiardo» e «mascalzone» all’attuale direttore de ‘Il Giornale’», Alessandro Sallusti.

Il sesto posto in classifica va invece a Umberto Bossi. Il 27 settembre 2010, in occasione delle selezioni di Miss Padania, a Lazzate, Bossi ha infatti detto: «Basta, la sigla Spqr. (Senatus popolusque romanus) qui al Nord vuol dire: Sono porci questi romani». La battuta ha sollevato un putiferio.


Tutta giocata su battute in napoletano invece la querelle che ha fatto finire in classifica anche il ministro delle Pari Opportunità, Mara Carfagna, che si è conquistata il quarto posto. Il fatto risale alla fine di novembre scorso quando il ministro Carfagna, risentita del fatto che la parlamentare del Pdl Alessandra Mussolini l’aveva fotografata mente parlava con Italo Bocchino, capogruppo di Fli che aveva appena rotto col Polo delle libertà, ha definito «vajassa» la Mussolini. «Vajassa» in origine significa serva domestica. La Mussolini è arrivata a minacciare di non votare la fiducia all’allora traballante governo.