di ANDREA CANGINI
— ROMA —

NON È difficile trovare, a sinistra, parlamentari pronti a dire che la procura di Milano ha forzato la mano per logiche politiche. Difficile, anzi impossibile, è convincerli a dirlo in pubblico. Tra i giornalisti non è diverso. Unica eccezione, il vendolian-bertinottiano Piero Sansonetti. Che domani aprirà il giornale che dirige, gli Altri, col titolo «Golpe moderni». Per Sansonetti, sono tre: il primo è quello della Fiat che esclude la Fiom; il secondo è quello di Berlusconi che rifiuta il voto anticipato.
E il terzo?
«E’ il golpe che i magistrati milanesi stanno tentando con lo scopo di rovesciare il governo sovvertendo il risultato elettorale».
Non sarebbe la prima volta...
«Successe anche con Prodi, ma stavolta è peggio. E’ chiaro che il processo contro Berlusconi si concluderà con un’assoluzione, ma quel che conta è l’effetto politico: distruggere l’immagine del presidente del Consiglio, che pure a me non piace affatto».
Lo dice per via delle intercettazioni trasmesse dalla procura alla giunta della Camera?
«Anche. Hanno stilato un faldone di quasi 400 pagine fitte di dettagli pecorecci che non costituiscono reato. E perché l’hanno fatto? Per essere autorizzati a perquisire un ufficio del premier, che troverebbero ovviamente vuoto. E’ evidente che l’obiettivo era solo rendere pubbliche quelle intercettazioni».
Siamo allo scontro finale?
«E’ chiaro, la Boccassini vuole saldare i conti e mi fanno sorridere quelli che dicono che Berlusconi dovrebbe andare in procura».
Perché sorride?
«Vorrei vedere loro. Io, francamente, se potessi eviterei di presentarmi davanti a un pm che da anni fa di tutto per fregarmi».
Cosa farebbe se fosse Berlusconi?
«Prenderei un’iniziativa politica. Proporrei alle opposizioni un patto: riformiamo la giustizia e la legge elettorale e poi subito al voto».
Crede che il Pd avrebbe il coraggio di riformare la giustizia con Berlusconi?
«Posto che le emergenze sociali sono ovviamente altre, quella è un’emergenza politica. La stabilità dei governi e il riequilibrio tra potere politico e magistratura rispondono all’interesse pubblico».
Eppure, la riforma della giustizia non la fa nessuno. Perché?
«Perché c’è sempre qualcuno che pone il veto. Ricordiamo che questa maggioranza non è riuscita a fare neanche la sacrosanta legge sulle intercettazioni...».
Solo per colpa di Fini?
«Non credo. Forse qualcuno ha temuto di inimicarsi ulteriormente i magistrati; sicuramente tutti, anche a destra, temono di scontentare un’area ormai vasta di opinione pubblica giustizialista».
Bersani sta con i magistrati senza se e senza ma...
«Lo capisco, deve fare i conti con lo slittamento di pezzi di elettorato su posizioni culturalmente fasciste. Basta leggere il



















Fatto».
Vendola non è da meno.
«Per la verità, mi sembra più concentrato sulla Fiat che su Ruby».
Tacciono anche i dalemiani.
«Ovvio, devono pur tenere conto del



Corriere della Sera, no? Come nel ’92, non c’è una regia ma ci sono molti interessi che tendono al medesimo fine: cambiare governo e possibilmente sistema politico. Sono sconcertato, il Pd ha lasciato sola la Fiom e poi riscopre la passione politica perché Berlusconi s’è fatto qualche scopata? Ma via, siamo seri...».
Diranno che s’è venduto al ‘Drago’.

«Lo dicono da tempo, ma il mio conto in banca dimostra il contrario. Purtroppo».