di IACOPO SCARAMUZZI
— ANCONA —

«SGOMENTO», mancanza di «sobrietà», «nubi preoccupanti sull’Italia». Il cardinale Angelo Bagnasco non lesina parole forti sulle vicende di Silvio Berlusconi. L’atteso discorso del presidente della Conferenza episcopale italiana giunge dopo gli interventi dei giorni scorsi del cardinal Bertone, Segretario di Stato vaticano, e del Papa in persona. Nessuno cita il premier per nome, tantomeno parla apertamente del caso Ruby o delle notti di Arcore. L’ammonimento, tuttavia, è chiaro. «La collettività guarda sgomenta gli attori della scena pubblica, e respira un evidente disagio morale», scandisce Bagnasco aprendo il consiglio permanente della Cei ad Ancona. Il porporato ha limato il testo fino all’ultimo. Sabato era stato ricevuto da Benedetto XVI e con il rigoroso Papa tedesco ha delineato il discorso.
CON i trenta vescovi del ‘parlamentino’ Cei l’arcivescovo di Genova soppesa le parole. Parla di cristiani perseguitati in Medio Oriente e di laicismo in Europa, ma è alla politica italiana che dedica il cuore della sua prolusione. Bagnasco auspica che il Paese «superi, in modo rapido e definitivo, la convulsa fase» politica perché la «logica conflittuale» dura «ormai da troppi anni». Rileva che «si moltiplicano notizie che riferiscono di comportamenti contrari al pubblico decoro e si esibiscono squarci – veri o presunti – di stili non compatibili con la sobrietà e la correttezza, mentre – puntualizza Bagnasco con una frecciata nei confronti della magistratura – qualcuno si chiede a che cosa sia dovuta l’ingente mole di strumenti di indagine». Avverte – e l’accenno è tanto a Berlusconi quanto ai suoi nemici – che «troppi» contribuiscono «a un clima di reciproca delegittimazione» e il rischio, alla fine, è che nessuno potrà «ritenersi vincitore». Le colpe, insomma, non stanno tutte da una parte. Se qualcuno si attendeva che i vescovi dessero la ‘spallata’ alla maggioranza rimane deluso. E del resto non è compito della Chiesa. Preoccupata – ma questo Bagnasco non lo esplicita – di un salto nel buio verso le elezioni anticipate. E interessata piuttosto – Bagnasco lo spiega chiaro e tondo – a riforme condivise, a maggiori fondi anti-crisi per le famiglie e i giovani disoccupati, alla necessità che «tutti nella giusta misura» paghino le tasse.
IL CAPO dei vescovi, però, è netto. Cita la Costituzione per chiedere a chi fa politica la consapevolezza «della misura e della sobrietà, della disciplina e dell’onore». Invita il premier ad andare dai magistrati quando afferma: «E’ necessario fermarsi – tutti – in tempo, fare chiarezza in modo sollecito e pacato, e nelle sedi appropriate, dando ascolto alla voce del Paese che chiede di essere accompagnato con lungimiranza ed efficacia senza avventurismi». Bagnasco fa poi una corrosiva critica a tutta una cultura di «desertificazione valoriale» e di «modelli bacati» che, dagli anni Ottanta in poi, ha portato i giovani a «perseguire un successo basato sull’artificiosità, la scalata furba, il guadagno facile, l’ostentazione e il mercimonio». Plaude l’opposizione, dal Pd all’Italia dei valori ai ‘finiani’. Il Pdl, a partire dai capigruppo a Camera e Senato Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri, invita a non strumentalizzare le parole di Bagnasco e a considerarle come un «richiamo di carattere generale».