di ANDREA FONTANA
SONO nel Mediterraneo. Per la prima volta dall’avvento in Iran della Repubblica islamica, nel 1979, navi da guerra della marina di Teheran hanno zigzagato lungo i 163 chilometri del canale di Suez, stagliando la loro sagoma grigia contro le piatte dune di sabbia egiziane, e alle 16 di ieri ora italiana sono sbucate dall’altra parte, a Porto Said. Una missione di addestramento dei nostri cadetti, ha precisato il governo degli ayatollah: lungo le coste dell’amica Siria, la fregata lanciamissili Alvand — 1500 tonnellate di stazza, quasi cento metri di lunghezza e quattro missili antinave — e la nave appoggio Kharg si eserciteranno per quasi un anno a dare la caccia ai pirati che minacciano il traffico mercantile iraniano. Peccato che per raggiungere la Siria, i due scafi dovranno sfilare non troppo al largo delle coste israeliane, e davanti alla Striscia di Gaza. Gerusalemme nelle scorse settimane aveva già minacciato di prendere misure di ogni tipo contro l’annunciata missione navale, e gli iraniani per giorni interi hanno atteso nel Mar Rosso di poter accedere al canale. Intanto andava in scena il tira-e-molla fra il nuovo governo militare egiziano, che doveva consentire il passaggio alla Alvand, e la Casa Bianca che voleva impedirlo. Le navi di Teheran hanno atteso davanti al porto saudita di Gedda. Poi il via libera, e l’entrata ieri alle 4,45 ora italiana nel Canale. Israele nel pomeriggio ha ribadito che risponderà immediatamente a qualsiasi «provocazione». Ha elevato il livello di allerta della propria Marina e si è messa a rilevare la rotta della Alvand, vecchio scafo di fabbricazione britannica del tipo Vosper acquistato da Teheran nel 1971, ai tempi dello Scià.


LA MARINA iraniana, che pure si sta modernizzando con l’aiuto russo (produce sottomarini da tasca, adatti alle acque poco profonde del Golfo persico) è costituita in gran parte di piccoli pattugliatori e motovedette veloci; malgrado ciò, il presidente Ahmadinejad è sempre propenso a minacciare di sterminio i gruppi aeronavali statunitensi — vere e proprie armate nucleari galleggianti in grado di cancellare interi Paesi — che incrociano nel Mar Rosso.
Il 17 febbraio, quando ancora le unità iraniane attendevano il permesso di entrare nel canale, la portaerei USS Enterprise le ha incrociate in senso opposto, provenendo dal Mediterraneo. Lungo la striscia d’acqua affidata ai militari egiziani cresciuti all’ombra di Mubarak transita insomma, oltre all’8% del traffico mercantile modiale, la politica delle cannoniere. Ma il fatto che due degli alleati un tempo più fedeli all’America in questa regione, l’Arabia Saudita e l’Egitto, abbiano la prima ospitato davanti a un suo porto navi della rivoluzione islamica, e il secondo aperto loro i cancelli di Suez, la dice lunga sulla perdita di credibilità degli Usa.