Nuccio Natoli
ROMA
«IL PROBLEMA

esiste, ma imboccando le scorciatoie si rischia solo di frenare la spinta a trovare le soluzioni corrette». Anna Maria Artoni, ex leader dei giovani imprenditori e attuale presidente di Confindustria Emilia Romagna, di posizioni di prestigio ne ha scalate. Da donna sa bene «quanta fatica si faccia».
Presidente, è una fan delle quote rosa?
«In assoluto, no. Credo nelle qualità delle persone, nel merito, nelle capacità. Non accetto che si possano ottenere risultati perché si è donna o uomo, bianco o nero...».
Per le donne è sempre difficile ottenere gli stessi risultati degli uomini?
«Vero, ma è il punto finale. Il problema da risolvere è quello iniziale».
Che sarebbe?
«Mettere le donne nelle stesse condizioni di partenza degli uomini. Il nodo vero è che, oggi, le donne non hanno quei servizi (tipo gli asili nido) che permettono di conciliare il ruolo di madre con quello di lavoratrice».
Il no alle quote è un mezzo sì dato lo stato dei servizi in Italia?
«La questione è complessa, ma la politica delle scorciatoie non è mai una buona soluzione. L’esempio è quello della Norvegia».
In cui le donne occupano il 44% dei posti di comando...
«Appunto, in Norvegia non hanno quote rosa, ma hanno investito molto sulle donne, sui servizi. È quella strada giusta. Ci sono anche le controprove».
Quali?
«L’Emilia Romagna ha investito sui servizi e infatti il rapporto donne/lavoro è migliore della media nazionale».
Nei consigli d’amministrazione delle società quotate in Borsa, però, le donne sono mosche bianche.
«È la spia di un problema, ma non è spegnendo la spia che il problema si risolve».
Ma anche lasciando la spia accesa il problema non si risolve.
«Qualcosa va fatto, ma non con le quote. Dobbiamo stare attenti a non creare un’ennesima casta di soggetti che assumono un ruolo solo per il fatto di essere donne».
Come si può fare?
«Impegnandoci per far cambiare la mentalità imperante. Passare dal niente al tutto delle quote rischia di essere un errore clamoroso. Serve la gradualità».
Cambiare la mentalità è quantomeno difficile.
«Ma non impossibile. Si deve battere sul tasto che il criterio base sia la scelta dei migliori, senza distinzione tra uomini e donne».
È un bel problema farlo entrare nella zucca degli uomini.
«Non sarei così pessimista. Se oggi sono donne il presidente di Confindustria e il segretario del maggiore sindacato italiano, significa che la mentalità sta cambiando».
Sta esortando le donne alla riscossa senza aspettare le quote rosa?
«È dimostrato che, di solito, le donne siano più determinate, che riescano meglio negli studi, che spesso sanno emergere malgrado gli handicap di partenza. Insomma, la strada maestra è segnata».
Non è che andrà a finire che dovremo inventare le quote azzurre?
«Quel giorno

























(ride, ndr), mi chiami per un’altra intervista».