Leonardo Sturiale
ALTRO CHE
«volonterosi», sembra la coalizione degli «scontenti», o dei «pentiti». L’alleanza anti Gheddafi scricchiola vistosamente a sole 72 ore dal suo esordio operativo nel teatro bellico. La Norvegia blocca al suolo i suoi caccia finché non sarà chiarito di chi sia il comando delle operazioni. L’Italia minaccia di fare altrettanto se non sarà la Nato a comandare. La Turchia nicchia: è disposta ad agire solo quando le saranno chiari i piani della Nato, di cui è l’unico membro islamico. E’ questo il punto per Ankara: guidata da un partito e un premier islamico moderato come Recep Tayyp Erdogan, teme di essere accusata di collaborare con l’Occidente contro un paese musulmano, come la Libia. Insomma a una Crociata per il petrolio, come dice l’ayatollah Kamenei, guida suprema dell’Iran integralista. E il 12 giugno in Turchia si vota. Ma è anche vero che Gheddafi è ormai spacciato e Ankara ha interessi in Libia per un dozzina di miliardi di dollari. Quindi intende muoversi. Coi piedi di piombo.
Viene meno anche il consenso delle potenze che siedono all’Onu ma non hanno mai inteso far parte della «Coalizione di volonterosi», quelli che mettono in pratica il mandato Onu in Libia.
Russia e Cina, con la loro astensione (come la Germania), senza entusiamo e senza veti hanno permesso il varo della risoluzione 1973 sulla Libia. La Cina ora manifesta un silenzioso malumore. La Russia di Vladimir Putin, il primo ministro, grida invece alla «Crociata medievale». La Russia di Dmitry Medvedev, il presidente, invece spara scandalizzato contro Putin. La coalizione si è formata in corsa alla vigilia della risoluzione dell’Onu 1973 che impone la «no-fly zone» per proteggere i libici dalla furia repressiva del loro capo, il Colonnello Gheddafi. E proprio l’urgenza di intervenire per evitare l’imminente massacro, specie a Bengasi, capitale della Cirenaica e degli insorti, ha indotto a precipitare i tempi. Sia del voto all’Onu che dell’azione militare conseguente, messa subito in atto dalla Francia con i suoi caccia. «Troppa fretta — è infatti il giudizio di Putin —. Si crede che quella risoluzione autorizzi qualsiasi cosa e chiunque ad agire contro uno strato sovrano. Fa pensare alla chiamata alle Crociate del Medioevo». «Espressioni inaccettabili che evocano un inesistente scontro di civiltà», replica duro il presidente russo Dmitry Medvedev, tirando le orecchie al suo primo ministro, Putin, che poi è pure il suo rivale alle prossime presidenziali. Non si era mai visto uno scontro tanto aperto tra i due inquilini del Cremlino. Fino a ieri i contrasti fra loro apparivano il gioco delle parti tra due figure fotocopia (anche per struttura fisica) destinate a scambiarsi le poltrone di premier e presidente. Almeno questo era il copione scritto dal vero dominus, Putin, per aggirare il divieto costituzionale al terzo mandato «consecutivo» da presidente. Dopo cinque anni da premier, zar Vladimir, rivuole indietro il trono su cui ora siede Medvedev. Quest’ultimo, poco condiscendente, sembra cercare sponde in Occidente.

PER IL VIA LIBERA,



al Consiglio di sicurezza dell’Onu, fu determinante la richiesta della Lega Araba di una «no-fly zone» in Libia per ragioni umanitarie. Questo sciolse i dubbi degli Stati Uniti e degli Occidentali. Ma proprio la Lega Araba è stata la prima (in contemporanea con la Lega Nord) a ripensarci non appena ha visto in azione i caccia di Sarkozy. E questo mette in imbarazzo il Qatar e gli Emirati Arabi, che si erano detti disposti a partecipare come la Giordania e, il Marocco. Ora solo il Qatar darà i suoi caccia. Gli Emirati si limiteranno alle azioni d’aiuto umanitario.