di Alessandro Farruggia
ROMA, 26 marzo 2011 - C’È LA TATTICA: siamo pronti a dare fino a 2500 dollari a ogni clandestino giunto in Italia che accetterà di rientrare volontariamente nel suo Paese. E c’è la strategia: un pacchetto di aiuti economici alla Tunisia in modo che possa affrontare in modo autonomo il problema sottosviluppo che è alla radice dell’ondata migratoria.


Ma al ritorno dalla veloce missione a Tunisi con il collega Maroni, il ministro degli Esteri, Franco Frattini, risponde anche a Parigi. Che Sarkò ci voglia tagliar fuori dalla Libia, è pacifico. Ma Frattini, incamerato il passaggio della gestione militare alla Nato, rilancia. Si dice convinto che l’Italia «sarà certamente nel gruppo di contatto per la Libia» e rivela che martedì presenterà «un piano diplomatico alternativo a quello anglo-francese». Come dire: Tripoli è anche affare nostro.


Ieri a Tunisi avevate una priorità: disinnescare la pressionedei migranti. Come?
«Il modo migliore per favorire le transizioni democratiche è sostenerne il rilancio economico. Se l’Europa non è pronta, noi crediamo che sia opportuno iniziare a prendere impegni nazionali. E così abbiamo offerto da un lato un sostegno per il bilancio del Paese nordafricano con una linea di credito da 95 milioni di euro, e dall’altro abbiamo predisposto un pacchetto di aiuti che incida sui settori che hanno un valore aggiunto, a cominciare dalle piccole e medie imprese. Una proposta globale che cerca di affrontare le radici del problema».


C’è però anche il breve periodo. Lampedusa scoppia...
«Lo abbiamo ben presente. Per questo abbiamo fatto fronte a una richiesta di fuoristrada, motovedette, radar che arriverà a fornire aiuti per 70 milioni di euro e abbiamo pure aggiunto la disponibilità di addestratori di polizia. A questo ha corrisposto l’impegno del governo tunisino di cominciare con effetto immediato un controllo piu stringente per bloccare le partenze».

Ma degli immigrati già giunti, che ne faremo?
«Abbiamo detto al governo tunisino che ovviamente dobbiamo rimpatriare i clandestini e loro hanno ben presente che questo si deve fare».

Il problema è: in che modo?
«Per favorire questo processo abbiamo proposto che ogni tunisino che accetta volontariamente il rimpatrio sia accompagnato da un aiuto economico che il governo italiano è pronto a mettere a disposizione per aiutare il suo reinserimento sociale. L’Oim, l’organizzazione delle migrazioni, dà una ‘dote’ di 1500 dollari. Noi possiamo superare questo importo, fino a 2000 o magari 2500 dollari, dando così la possibilità di creare le condizioni per un rientro di migliaia di persone».

Non è poco. Se non fosse che la crisi libica è ancora bene aperta...
«È evidente che bisogna portare a termine con successo l’iniziativa internazionale. Noi abbiamo fortemente voluto che la Nato assumesse il comando e che la responsabilità politica fosse data a un gruppo di contatto. L’Italia ne farà parte e per questo io sarò a Londra martedì».

Sarkozy ha però annunciato una iniziativa franco-britannica...
«Ha detto che ha delle idee. Siccome le abbiamo anche noi, a Londra presenteremo un nostro piano di azione. Ne parleremo assieme e assieme troveremo una quadra, mi auguro».

Certo, a Bengasi guardano con maggiore simpatia a una Francia che tanto si è spesa a loro favore...
«A Bengasi sono pragmatici. Io ho avuto un colloquio con il professor Jibril, il capo del governo provvisorio, e mi ha garantito non solo che manterranno tutti gli impegni internazionali verso i partner che vogliono una Libia unita, ma anche che rispetteranno i contratti petroliferi. Il che rassicura investitori come l’Eni e conferma che non siamo affatto fuori dai giochi».