Marco Sassano
ROMA
SCENDE

in campo a fianco della decisione del governo di utilizzare i jet militari italiani per missioni di guerra il presidente Giorgio Napolitano. «L’ulteriore impegno dell’Italia in Libia — dice a Roma, parlando davanti al ministro della Difesa — costituisce il naturale sviluppo della scelta compiuta dall’Italia a marzo, secondo la linea fissata nel Consiglio supremo di difesa da me presieduto e quindi confortata da ampio consenso in Parlamento».

COSÌ IL CAPO

dello Stato dà il via libera più autorevole alla decisione italiana di bombardare obiettivi militari libici. «Sentiamo di non poter restare indifferenti — ha spiegato— di fronte al rischio che vengano brutalmente soffocati movimenti caratterizzati da una profonda carica liberatoria. Non potevamo restare indifferenti alla sanguinaria reazione del colonnello Gheddafi in Libia». Scontata quindi «l’adesione dell’Italia al giudizio e alle indicazioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e al piano di interventi della coalizione sotto la guida della Nato».
E sull’immigrazione il presidente ha rilanciato un messaggio all’ Europa: «Nulla sarebbe più miope, meschino e perdente del ripiegamento su se stesso di ciascuno dei paesi membri dell’Unione» di fronte ai problemi nati dalle rivolte in nord Africa e al «rischio di flussi migratori disperati e convulsi verso le nostre sponde».

IL PRIMO


a replicare al Presidente è stato Antonio Di Pietro: «Bombardare una nazione — ha detto il leader dell’Idv — non è uno sviluppo naturale né costituzionalmente corretto. Né può valere l’ipocrita giustificazione che tutto ciò sarebbe già stato autorizzato dalle Nazioni Unite e dal Parlamento italiano. Le nostre Camere non hanno mai discusso, né approvato un tale provvedimento». E il passaggio successivo è stato la presentazione di una mozione «per verificare se il governo ha ancora una maggioranza. In questo senso ci coordineremo con le altre opposizioni». Ma è polemico con Di Pietro il segretario del Pd, Pierluigi Bersani: per autorizzare i bombardamenti non è necessario il voto del Parlamento, però il governo farebbe bene a «verificare la sua maggioranza». E Tonino incalza: «Non possiamo morire aspettando che lo prenda il Signore...», ironizza riferendosi alla longevità di Berlusconi.
Per il segretario dell’Udc, Lorenzo Cesa, «Berlusconi ha detto anche questa volta una bugia agli italiani: aveva detto che i nostri aerei non avrebbero sparato». Detto questo chiede al governo di presentarsi «immediatamente» in Parlamento. Infine, per Roberto Menia, coordinatore nazionale di Fli, sulla questione libica «il governo si dimostra ancora una volta diviso e confuso» ed ora serve «un atto di chiarezza e trasparenza».