Francesco Ghidetti
ROMA
IN UN GIORNO di gravi tensioni nel Governo e nella maggioranza, lopposizione non riesce a raccogliere i frutti sperati. Ha un obiettivo dichiarato: stanare la Lega. Ma va in ordine sparso. Ecco Francesco Rutelli del Terzo polo: «La maggioranza ha espresso una posizione, ma è lottava dallinizio della crisi. Crediamo sia indispensabile andare in Parlamento per stanare la Lega che borbotta e borbotta, ma fa sempre quello che chiede Berlusconi». E Pier Ferdinando Casini: il voto in Parlamento sulle regole di ingaggio non è necessario, ma votare «in democrazia non fa male». Il partito di Bersani ritiene che non esista più una maggioranza o che, comunque, si sia incrinato l«asse del Nord» (evidente locchio alle amministrative). Accusano il Carroccio di fare la faccia dura in via Bellerio (Bersani ironizza molto sullo «spadone che si flette» a Roma) e di «calare le braghe» (parole del capogruppo alla Camera Dario Franceschini) nei Palazzi del potere.
DETTO QUESTO, affiorano «diverse sensibilità» nel Pd. Così come ci sono differenti tempi dintervento parlamentare con laltra opposizione, i dipietristi (contrari allazione in Libia).
In mattinata il Pd ha una tentazione: se il Carroccio insiste sul no alla nuova strategia, si valuta la possibilità di presentare una mozione sulla politica estera governativa da votare in Parlamento. Intanto, lIdv la sua mozione lha già presentata.
POI, con levolversi della giornata, con il capogruppo lumbàrd Reguzzoni che ribadisce lappoggio incondizionato a Berlusconi, lipotesi perde vigore. Ma lo riprende, nonostante la contrarietà di Veltroni e i suoi, dopo laffondo di Maroni. Del resto, non è una decisione facile: cè il rischio di mettere in discussione le ragioni dellintervento militare che Napolitano ha giudicato pienamente nei limiti della risoluzione Onu e vige il fondato timore che al momento del voto il partito si spacchi.
Ecco infatti alcuni distinguo. Il cattolico Beppe Fioroni spiega che il «il Pd, al contrario della maggioranza, è unito e compatto sullintervento in Libia. Soltanto alcuni hanno il mal di pancia». Lex ministro dellIstruzione fa riferimento a parlamentari che da sempre non sostengono la politica militare del Governo: Enrico Gasbarra, Gero Grassi, Tommaso Ginoble, insieme ad Angela Mastromauro e Alessandra Siragusa, non hanno appoggiato lesecutivo neppure quando alla Camera, il 24 marzo, è stata votata la risoluzione 1973 dellOnu. Naturale, quindi, che, alle parole di Fioroni, seguano reazioni. Gasbarra: «Ribadisco, in piena salute gastrica, che se il Parlamento sarà chiamato a decidere io non voterò, come non voterò mai nessuna legge che mina la vita».
ROMA
IN UN GIORNO di gravi tensioni nel Governo e nella maggioranza, lopposizione non riesce a raccogliere i frutti sperati. Ha un obiettivo dichiarato: stanare la Lega. Ma va in ordine sparso. Ecco Francesco Rutelli del Terzo polo: «La maggioranza ha espresso una posizione, ma è lottava dallinizio della crisi. Crediamo sia indispensabile andare in Parlamento per stanare la Lega che borbotta e borbotta, ma fa sempre quello che chiede Berlusconi». E Pier Ferdinando Casini: il voto in Parlamento sulle regole di ingaggio non è necessario, ma votare «in democrazia non fa male». Il partito di Bersani ritiene che non esista più una maggioranza o che, comunque, si sia incrinato l«asse del Nord» (evidente locchio alle amministrative). Accusano il Carroccio di fare la faccia dura in via Bellerio (Bersani ironizza molto sullo «spadone che si flette» a Roma) e di «calare le braghe» (parole del capogruppo alla Camera Dario Franceschini) nei Palazzi del potere.
DETTO QUESTO, affiorano «diverse sensibilità» nel Pd. Così come ci sono differenti tempi dintervento parlamentare con laltra opposizione, i dipietristi (contrari allazione in Libia).
In mattinata il Pd ha una tentazione: se il Carroccio insiste sul no alla nuova strategia, si valuta la possibilità di presentare una mozione sulla politica estera governativa da votare in Parlamento. Intanto, lIdv la sua mozione lha già presentata.
POI, con levolversi della giornata, con il capogruppo lumbàrd Reguzzoni che ribadisce lappoggio incondizionato a Berlusconi, lipotesi perde vigore. Ma lo riprende, nonostante la contrarietà di Veltroni e i suoi, dopo laffondo di Maroni. Del resto, non è una decisione facile: cè il rischio di mettere in discussione le ragioni dellintervento militare che Napolitano ha giudicato pienamente nei limiti della risoluzione Onu e vige il fondato timore che al momento del voto il partito si spacchi.
Ecco infatti alcuni distinguo. Il cattolico Beppe Fioroni spiega che il «il Pd, al contrario della maggioranza, è unito e compatto sullintervento in Libia. Soltanto alcuni hanno il mal di pancia». Lex ministro dellIstruzione fa riferimento a parlamentari che da sempre non sostengono la politica militare del Governo: Enrico Gasbarra, Gero Grassi, Tommaso Ginoble, insieme ad Angela Mastromauro e Alessandra Siragusa, non hanno appoggiato lesecutivo neppure quando alla Camera, il 24 marzo, è stata votata la risoluzione 1973 dellOnu. Naturale, quindi, che, alle parole di Fioroni, seguano reazioni. Gasbarra: «Ribadisco, in piena salute gastrica, che se il Parlamento sarà chiamato a decidere io non voterò, come non voterò mai nessuna legge che mina la vita».
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