Lorenzo Bianchi
«PER OGNI
imam morto a Brega cadranno mille cittadini in Italia, Francia, Gran Bretagna, Danimarca, Qatar e Emirati Arabi Uniti». E’ la reazione dei religiosi di Tripoli che fanno corona a Moussa Ibrahim nella conferenza stampa nella quale il portavoce del governo e titolare dell’informazione commenta il raid della Nato a Brega, su una foresteria del terminale petrolifero che venerdì ha ucciso 16 civili. L’appello è rivolto a tutti i musulmani del pianeta. La tv di stato al-Jmahiriya ha mandato in onda le immagini di nove cadaveri avvolti in lenzuola insanguinate. Un altro religioso della capitale, Noureddin al-Mijrah, sostiene l’invito con una fatwa, ossia il pronunciamento di un esperto di diritto coranico che ha valore di obbligo per i credenti. La massima istituzione teologica del mondo islamico, l’università Al Azhar del Cairo, si affretta a prendere le distanze. «Le minacce — contesta Abdel Mouti al-Bayoumi, membro del Comitato dei ricercatori — sono solo propaganda di qualche religioso vicino al regime. La morte per errore prevede un risarcimento in denaro, la deya, pari al valore di quattro chili d’oro per ogni ucciso».

LA NATO

replica che è stato colpito «un bunker di comando e controllo usato per coordinare gli attacchi aerei contro la popolazione» e si «rammarica per tutte le perdite di civili innocenti». «Solo pelosa ipocrisia», stigmatizza Roberto Castelli, viceministro della Lega Nord alle infrastrutture. Un ingegnere olandese, Freek Landmeter, spiega che sotto la ‘guesthouse’ della Compagnia petrolifera di Stato, nella quale dormivano gli imam, è stato costruito nel 1988 «un bunker antiatomico per le comunicazioni». Moussa Ibrahim precisa che i caduti «erano in città per una riunione di preghiera per una soluzione pacifica del conflitto». Qualche settimana fa il regime aveva annunciato una marcia verso Est «per la pace». I religiosi vittime dell’incursione aerea sono stati sepolti a Tripoli. Li ha salutati una folla che inneggiava al «jihad», ai «martiri della Libia» e a «Dio, Libia e Muammar». Venti donne hanno innalzato ritratti del raìs.
Il fronte opposto, quello dei rivoluzionari di Bengasi, si è dedicato ai contatti diplomatici. Il ‘ministro degli esteri’ Mahmoud Jibril non ha ottenuto dagli Stati Uniti un «riconoscimento» formale. La commissione esteri del Senato sbloccherà a breve un finanziamento di 150 milioni di dollari. Jibril è stato ricevuto ieri dal presidente Nicolas Sarkozy. Il colloquio è durato 45 minuti e si è concluso con foto sulla porta dell’Eliseo, ma senza la rituale conferenza stampa. L’ex governatore della Banca Centrale libica Farhat Omar Bengdara sostiene che Bengasi ha bisogno «al più presto di 3,6 miliardi di dollari per sostenere la popolazione». E aggiunge: «Il regime cadrà in tre mesi».