Nino Femiani
Napoli
ANTONIO

Di Pietro, il leader dell’Italia dei valori, sembra già aver metabolizzato la bis-vittoria di Milano e Napoli e pensa al futuro, senza dimenticare di dare una stoccata al Cavaliere, tanto per non perdere il vizio. «Berlusconi non lascerà mai di sua volontà Palazzo Chigi. Perciò dopo i colpi di Milano e Napoli, gliene possiamo dare un altro con i referendum. Spontaneamente non se ne andrà mai, ha bisogno di una spinta. Prima si va alle urne e meglio è».
Parliamo ancora di ‘ieri’. Lei ha detto: abbiamo liberato le città dalla monnezza etica e politica. A cosa si riferiva?
«I cittadini dovevano scegliere tra innovazione e continuità. Per farlo dovevano votare guardando la storia personale dei candidati. E lo hanno fatto, prendendo le distanze da Cosentino e dalle interconnessioni con una certa criminalità politica».
Questa vittoria ha già tanti padri politici, ma lei ha affermato che non è la vittoria del centrosinistra. E a chi appartiene, allora?
«Mi permetta di dire che questa è una doppia vittoria. La prima è quella contro una certa destra, non quella di Fini e Granata per intenderci, ma quella cosentiniana. La seconda è quella di un nuovo centrosinistra di qualità. Un centrosinistra che si è realizzato subito al primo turno a Milano, intorno a Pisapia, e che invece a Napoli è arrivato solo con il turno di ballottaggio».
Però sono in molti a essere scettici su un’alleanza senza risse dalla sinistra di Ferrero a Franceschini.
«Occorre un grande senso di responsabilità e di umiltà. Noi l’abbiamo avuto, è il momento che altri ora lo dimostrino».
Facile a dirsi, ma…
«Guardi, noi dobbiamo lavorare per un sistema bipolare e per un’alleanza il cui collante sia etico e programmatico. So bene che il centrosinistra non può essere solo una sommatoria, un’alleanza fatta di numeri. Per quanto mi riguarda, proprio in queste ore sto mettendo in piedi i punti di un programma su cui confrontarmi con le altre forze del centrosinistra. Ma il primo banco di prova per verificare le intenzioni è ravvicinato, è dietro l’angolo: i referendum».
Torniamo a De Magistris. Si è autosospeso dall’Idv.
«Certo che lo so. Ma non è una presa di distanza dall’Idv o da me, è lo statuto che lo impone. Dico a tutti: leggete bene cosa ha detto De Magistris. Ha detto che ‘resta saldo nell’Idv’. Lui era responsabile nazionale del dipartimento Giustizia del partito, una carica che è incompatibile con quella di sindaco. Fine, nessuna polemica».
Da tempo si sussurra di una contesa interna tra De Magistris e lei…
«Lo so, lo so che si dice questo. Ma è falso, io continuo a ripeterlo, ma nessuno lo scrive. Scommetto un caffè che non lo farà neppure lei».
Nessuna sfida interna, quindi.
«Macchè, Luigi è un mio figlio politico».
Cosa significa?
«Sono orgoglioso che l’Idv abbia messo a disposizione di Napoli e del Paese un uomo come Luigi, che è un mio figlio politico, io l’ho allevato, io gli ho chiesto di lasciare la toga, io l’ho sostenuto in una campagna elettorale difficilissima. Ora che è sindaco di Napoli, mi sento felice come un padre che vede il figlio diventare maggiorenne».