Bruno Ruggiero
ROMA
L’ARIA

è viziata e perciò il processo per l’omicidio di Sarah Scazzi, la ragazzina strangolata e gettata in un pozzo di campagna il 26 agosto 2010 ad Avetrana, deve essere trasferito da Taranto a Potenza. Lo ha chiesto il sostituto procuratore generale della Cassazione Gabriele Mazzotta, nell’udienza in camera di consiglio davanti ai giudici della prima sezione penale della Suprema Corte presieduta da Severo Chieffi. Il rappresentante della pubblica accusa, quindi, ha sollecitato l’accoglimento dell’istanza di rimessione (cioé trasferimento di sede) presentata dai difensori di Sabrina Misseri, cugina della vittima e accusata con la madre, Cosima Serrano, di concorso in omicidio volontario, sequestro di persona e soppressione di cadavere. La decisione, attesa ieri sera per le ore piccole, è slittata a oggi. I difensori di Sabrina, Franco Coppi e Nicola Marseglia, hanno ripetuto in aula quanto già sostenuto di fronte al gup che deve decidere sul rinvio a giudizio degli imputati: a Taranto il processo non può svolgersi serenamente per l’eccessiva pressione dei media e per un clima ostile. E anche per il pg c’è il rischio di alterazione delle prove.

IL 29 AGOSTO

scorso, Coppi e Marseglia, nell’udienza preliminare davanti al giudice di Taranto Pompeo Carriere, si dissero convinti che il processo non si potesse svolgere a Taranto a causa del clima ostile nei confronti delle due imputate, tale da condizionare le decisioni dei magistrati. In particolare, il professor Coppi, suscitando un vespaio di reazioni, nel motivare l’istanza e il relativo ricorso in Cassazione aveva scritto di «dileggio da parte della stampa locale». Secondo l’avvocato Valter Biscotti, legale di parte civile per i famigliari di Sarah Scazzi, invece a Taranto «non c’è nessun clima di intimidazione, i giudici sono liberi di decidere tranquillamente». In dissenso con l’accusa privata, come si è visto, il pg della Cassazione, che ieri ha dato atto alla difesa di Sabrina Misseri dell’esistenza di «una serie di indicatori che consentono di individuare una emotività ambientale tale da consentire una alterazione quasi involontaria dell’attività di acquisizione della prova».

MA ORMAI

nel vecchio «palazzaccio» di piazza Cavour il giallo di Avetrana è uno dei casi più dibattuti. Lunedì scorso i giudici della stessa prima sezione penale hanno depositato le motivazioni (oltre 40 pagine) del verdetto con cui il 26 settembre avevano annullato con rinvio l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Taranto che confermava la custodia cautelare in carcere per Sabrina e la madre Cosima. Ebbene, per la Suprema Corte i gravi indizi sulle accuse di omicidio volontario e sequestro di persona a carico delle due donne sono «insussistenti», imponendo al collegio del Riesame di rimotivare la sua decisione.

LA CASSAZIONE

ha confermato, invece, «il quadro di gravità indiziaria» nei confronti di Sabrina e Cosima per quanto riguarda l’accusa di soppressione di cadavere, reato di cui deve rispondere anche Michele Misseri, lo zio di Sarah, protagonista di una «telenovela» mediatico-giudiziaria senza precedenti: dal ritrovamento del telefonino della vittima fra le stoppie bruciate alla clamorosa autoaccusa, seguita dalla chiamata in correità della figlia Sabrina e dalle successive ritrattazioni.