Andrea Cangini
ROMA, 12 dicembre 2011 - Allora, Vendola, proviamo ad andare dritti al punto: se Sel fosse in parlamento, voterebbe la manovra di Monti?
"Se fossimo in parlamento, avremmo condiviso con Idv e Pd il gesto utile a far nascere questo governo, pur avendo avversato l’ipotesi di un governo tecnico, e l’avremmo fatto per due ragioni".


Quali?
"Perché lo chiedeva il capo dello Stato, uomo che nella notte buia della crisi del berlusconismo ha rappresentato una luce vitale, e per via del vincolo morale che ci lega agli alleati di Vasto".


Avreste dunque votato la fiducia. Ma la manovra?
"Avremmo lavorato fino allo spasmo per modificarla come chiedono le comunità: dalla Chiesa, al sindacato, ai partiti, alla gente comune".


Vendola, è chiaro che i margini per modificarla non ci sono.
"Dal punto di vista tecnico ci sono: basta colpire i ricchi anziché i poveri. È dal punto di vista politico che i margini non si sono, e non ci sono a causa di un vincolo inaccettabile".


Quale vincolo?
"Quello di chi ha detto che non si devono toccare le tasche dei ricchi".


E chi l’ha detto?
"Berlusconi, no?".


Ma al governo c’è Monti.
"Monti non si nasconda dietro una foglia di fico e dia ascolto a chi, come il presidente di Nomisma, Pietro Modiano, chiede una patrimoniale una tantum da 100 miliardi di euro e una a regime da 10. È solo il conformismo di questo Paese stanco a impedire alla proposta di emergere".


Forse, ma è così. Dunque voterebbe la manovra?
"Fossi in parlamento lotterei per tassare i capitali illegalmente depositati nelle banche svizzere. E mi ribellerei contro il cinismo e la volgarità di un’Europa da operetta che ci agita davanti al naso la prospettiva di una procedura di infrazione".


Non la voterebbe. Casini e Veltroni dicono che è su questi voti che si misureranno le alleanze future...
"Per me è incredibile: il radicalismo liberal-liberista di Veltroni è un’ipotesi di subalternità totale nei confronti della destra e ripropone tutti i miti sconfitti della sinistra che fugge dai luoghi di lavoro e cerca di reclutare i Marchionne come improbabili oracoli della modernità".


Par di capire che Veltroni non le stia molto simpatico.
"La foto di Vasto è una speranza per l’Italia e Veltroni non è entrato in quell’inquadratura perché non vuole il rilancio del centrosinistra, ma la nascita di un partito centrista liberista di massa".


Ce la farà?
"Forse riuscirà a dar vita a un partito centrista e liberista, ma che possa essere di massa...".


Il Pd questa manovra la voterà: è liberista anche Bersani?
"No, non lo dico. Ho rispetto per il Pd, che è il mio principale alleato, e per Bersani. Spero riescano a modificare la manovra, evitando atteggiamenti di pedissequa continuità con il governo precedente".


Monti sarà in linea con Berlusconi, ma Casini e Pisanu già lo immaginano leader politico...
"Non è vietato a Monti di candidarsi, ma Casini fa un torto all’intelligenza degli italiani quando piega la stagione emergenziale agli interessi del Grande centro".


L’emergenza, però, c’è. O no?
"Sì, ma è l’emergenza di un mondo che cambia. Non è che questo ci obblighi, come vorrebbe Casini, a stare tutti zitti per poi scoprire che l’emergenza serve ai giochini della politica italiana per agitare i patetici fantasmi della Dc, che tutto fu tranne che un partito liberista e clericale. Fortunatamente, le congetture di certi strateghi della tattica vivono solo nei titoli dei giornali".


L’impressione è che lei contesti alla radice un modello sociale e di sviluppo che i suoi potenziali alleati hanno invece accettato.
"Ho sentito il discorso fatto da Bersani a piazza San Giovanni: è stato un importante punto di riferimento per chi intende costruire una vera alternativa. Io mi trovo a mio agio con il sindacato e con i partiti socialisti che lavorano per un’Europa che non poggi sulla coppia di destra Sarkozy-Merkel e che non sia prigioniera della finanza e delle banche".


Dei mercati, più che altro.
"Capisco l’attenzione allo spread, ma chi misura lo spread ambientale di un’Italia che scivola nel fango? Chi misura lo spread sociale di povertà ed emarginazione?".


Non crede che se pure andaste al governo con Pd e Idv entrereste in crisi come è già accaduto due volte?
"Il comportamento di Sel di queste settimane dimostra che non siamo condannati a ripetere sempre le stesse modalità. Viviamo in un’epoca nuova, che pone al centro il tema della democrazia e della sovranità, ci sono ragioni politiche profonde che ci spingono a cercare di non far prevalere le logiche di bottega. Abbiamo il dovere di mettere in campo un’alternativa credibile di governo".


Ma se foste stati al governo con Bersani sulla lettera della Bce avreste rotto, no?
"Fossimo stati noi al governo, non avremmo dovuto vivere l’umiliazione di quella lettera. Non amo citarmi, ma ho passato gli ultimi tre anni a polemizzare con esponenti del centrodestra che negavano l’esistenza stessa della crisi economica".


Significa che, ad esempio, avreste riformato per tempo pensioni e mercato del lavoro?
"No, ci sono tanti modi per uscire da una crisi. Il pensiero non è necessariamente unico".