Lorenzo Moroni
BOLOGNA
ORDINANZE

di sindaci che vietano ai circhi con animali di fermarsi nelle proprie città. Sentenze del Tar che annullano i provvedimenti delle amministrazioni locali dando via libera agli spettacoli itineranti. Blitz dei militanti animalisti con i manifesti degli spettacoli che vengono puntualmente coperti con striscioni di protesta tipo: «Gli animali al circo non si divertono».
È dura la vita dei circensi in Italia, nonostante un settore dalla tradizione secolare e un’arte che — come qualcuno potrebbe pensare — non si tramanda solo nelle famiglie dei gitanti ma si studia a scuola e dal 2006 anche all’università. Modena, Alessandria e Ferrara sono solo alcune delle città in prima linea contro l’utilizzo degli animali per gli spettacoli sotto i tendoni. Il sindaco estense, Tiziano Tagliani, il 23 dicembre dello scorso anno aveva firmato un’ordinanza con la quale venivano bloccati alle porte della città quei circhi con animali «la cui detenzione sia stata giudicata palesemente incompatibile con strutture circensi e di spettacolo viaggiante, appartenenti alle specie di primati, delfini, lupi, orsi, grandi felini, foche, elefanti, rinoceronti, ippopotami, giraffe, rapaci diurni e notturni». Un’ordinanza mutuata da altri Comuni ma che poi, poco più di un mese fa, il Tar dell’Emilia Romagna ha annullato consentendo alla ricorrente, Moira Orfei, di tenere il proprio spettacolo sabato scorso, proprio a Ferrara. Ai militanti del movimento ‘100% animalisti’, dopo aver oscurato i manifesti della Orfei, non è rimasto che farsi sentire con un sit-in di protesta davanti al circo. Eppure, a sentire l’Ente nazionale dei circhi, la questione in Italia andrebbe affrontata senza furore ideologico. È la posizione di Antonio Buccioni, presidente dell’Ente circhi.

«CHI MALTRATTA


gli animali — dice — è il nostro peggior nemico. Se maltrattamenti ci sono stati o avvengono ancora sono eccezioni, ma la nostra posizione è inequivocabile. Essendo uomini di spettacolo non potremmo dire che un circo senza animali non sarebbe un circo. Ma difendiamo il principio dell’autodeterminazione e abbiamo la certezza che, nei nostri circhi, gli animali vengono trattati in maniera egregia e con dispendio di energie economiche». Rispetto a 60 anni fa, nei circhi, la presenza degli animali — oggi tutti nati in cattività — si è notevolmente ridotta. «Almeno del 25% — sottolinea Buccioni —. Non ci sono più i primati e di elefanti ne sono rimasti solo 30 cipoiché non è più possibile importarli».
I circhi in Italia sono un centinaio, suddivisi in piccoli-medi (fino a 1.500 posti) che sono la maggioranza, e grandi che arrivano a 3.000 L’Ente nazionale dei circhi esiste dal 1948 ed è un po’ la Confindustria del settore. Aderisce all’Associazione generale italiana dello spettacolo e ogni anno percepisce dal Fus finanziamenti per 3 milioni e 300mila euro.

«VIVIAMO


dei nostri incassi — spiega il presidente — e di questi finanziamenti ma che vanno distribuiti. La legge 163 del 1985 stabilisce che devono essere ripartiti con parchi di divertimenti e luna-park. Un milione e 300mila euro vengono elargiti per sostenere iniziative e istituti come l’Accademia d’arte circense, la Casa di riposo per artisti a Scandicci e il centro di documentazione Cedac a Verona. Ciò che resta viene diviso tra circa cinquanta imprese, quelli che fanno attività 365 anni». Poi l’affondo alle istituzioni: «In Italia — spiega Buccioni — c’è una sottovalutazione del fenomeno culturale. Ad esempio, a differenza dei teatri, non riceviamo contributi dagli enti locali. Il circolo sopravvive grazie allo zoccolo duro degli appassionati».