Antonella Coppari
ROMA
SUPERARE

le legittime e reciproche resistenze nonchè le naturali diffidenze non è facile. Tanto che toccherà ai tre leader di Pdl, Pd e Udc — Alfano, Bersani, Casini — sbrogliare la matassa delle riforme istituzionali e della legge elettorale: non subito, comunque. Bene che vada, si accomoderanno attorno a un tavolo alla fine della prossima settimana. Prima pare impossibile. Malgrado le buone intenzioni e le convergenze su alcuni punti sia con il Pd che con l’Udc, il giro di incontri promossi dai berlusconiani non ha partorito un’agenda definita. Nè i presidenti delle Camere, Fini e Schifani, hanno sciolto le questioni procedurali: non sono riusciti a mettersi d’accordo su quale ramo del Parlamento debba occuparsi delle modifiche costituzionali e quale di cambiare il Porcellum e tanto meno hanno stabilito qual è prioritario.

DUE

ore e trenta di discussione dei capigruppo del Senato evidenziano la grana: Schifani — spalleggiato dal Pdl — non sente ragioni. Vuole che tutto il pacchetto delle riforme resti a Palazzo Madama. Spingono invece per lo spacchettamento Pd e Udc: il tempo è poco, è il ragionamento fatto a Palazzo madama da Finocchiaro e D’Alia, mettendo carne al fuoco c’è il rischio di non fare nulla. «Ma la legge elettorale almeno — sottolinea Bersani — va cambiata. Sono stati fatti passi avanti ma la riforma non è ancora in sicurezza». Di qui il rammarico per l’opposizione del Pdl alla convocazione di una conferenza dei capigruppo «congiunta» senatori-deputati.Sotto sotto c’è il sospetto che quanto meno parte dei berlusconiani si muova in questo modo — alla vigilia delle amministrative — per tenere la Lega attaccata al carro. Difficile quagliare prima del voto, è la previsione dei più.
Il Pdl è diviso sulla riforma da fare, ma pure sulle alleanze: c’è chi guarda a Casini e chi a Bossi. Che semina mine: «Dobbiamo essere d’accordo anche noi sulla riforma elettorale». Da questa, aggiunge, e dal sostegno a Monti «dipende l’intesa con Berlusconi». Lui, intanto, incontra il premier, assieme a Zaia, per discutere di quote latte e Veneto. Sul primo tema ci sarà un nuovo round, quanto al secondo il governo ferma il ricorso sullo Statuto regionale (resta l’impugnazione della legge elettorale sul numero di consiglieri eleggibili) previo l’impegno della Giunta a modificare le norme sull’autonomia finanziaria. Nelle stesse ore, si consuma l’incontro Pdl (Quagliariello, La Russa, Bruno) e Terzo Polo (Cesa, Bocchinio, Adornato, Pisicchio): il comunicato sottolinea l’accordo sul superamento del bicameralismo perfetto, riduzione dei parlamentari, premierato forte, sfiducia costruttiva. Nonchè sul cambiamento del Porcellum (invocato pure da Sel) per una legge senza premi di maggioranza, candidati imposti e «l’obbligo di coalizioni forzate». Suona come un misto tra sistema tedesco e quello spagnolo: non dispiace ai centristi anche se Quagliariello puntualizza che «il bipolarismo è un principio». Irritatissimo Matteoli avverte: «Non sono d’accordo: voglio una maggioranza e un’opposizione».
Alfano media: «Gli elettori devono scegliere il premier contro gli inciuci». Sorride Calderoli: «Il confronto è partito con il piede sbagliato».