Stefano Grassi
ROMA
QUEI 60

miliardi drenati ogni anno dal malaffare collegato alla politica, messi nero su bianco dalla Corte dei Conti in concomitanza col ventennale di Mani pulite, offrono (se ce n’era bisogno) nuovi argomenti al partito dei moralizzatori. E il disegno di legge anticorruzione, annunciato e poi rimesso nel cassetto dal ministro della Giustizia, Paola Severino, viene oggi reclamato con indifferibile urgenza dalla classe politica. «Non possiamo non tenere conto del monito della Corte dei Conti», ha ammonito ieri solennemente il presidente del Senato, Renato Schifani.
Non manca però chi solleva dubbi sulla manovra «diversiva» del Guardasigilli. «Una persona troppo preparata tecnicamente per chiedere dilazioni», sussurra il senatore Idv, Luigi Li Gotti, avvocato di grido. «Dietro c’è dell’altro. E’ un escamotage politico. Si tratta di aggiustare il provvedimento su una maggioranza ad hoc». E aggiunge poi in camera caritatis: «Ci sono cose su cui il Pdl non cederà mai. Inasprimento delle prescrizioni, nuove tipologie di reato. Mica riusciamo a farli approvare. E’ che anche il Pd ha i suoi scheletri nell’armadio».
Ciò non toglie che in Parlamento si respiri in questi giorni un’aria diversa e molti vorrebbero approfittare dell’inaspettato trend positivo bipartisan per far passare gli emendamenti anticasta arenati nelle commissioni. Sono da tempo in ballo, tra Camera e Senato, almeno sette provvedimenti, alcuni in giacenza da oltre due anni. E la nuova ondata di sobrietà ora li spinge verso la tanto agognata discussione in aula. Il governo, però, vuole fare di più, molto di più. Giungere, grazie a un proprio articolato di emendamenti organici, a un disegno complessivo realmente efficace che possa godere, come è avvenuto fin qui per il Monti Team, del via libera incondizionato dei due rami parlamentari.

«STIAMO



lavorando a delle norme che saranno molto significative», ha rivelato il ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, annunciando che entro 15 giorni al massimo il Governo presenterà il suo ddl, ma evitando di usurpare le competenze dei colleghi titolari di Giustizia e Funzione pubblica, a cui spetterà il compito di illustrarlo al momento opportuno. Il presidente della Commissione Giustizia del Senato, Filippo Berselli, del Pdl, si dichiara senz’altro un anticasta e annuncia: «Per quanto mi riguarda, posso solo dire che m’impegno fin d’ora a dare al ddl anticorruzione la massima priorità. Se me lo assegnano al Senato lo licenzierò in tempi ragionevolmente brevi, anche a costo di fare le notturne».
Il tema è quanto mai complesso e non tutti credono che basti una legge per sconfiggere la corruzione. Anche se alcune misure appaiono improcrastinabili. I punti fondamentali sono la trasparenza dei flussi contabili e finanziari, i tempi della prescrizione e la fattispecie dei reati. Si va poi dalle cosiddette ‘liste pulite’, cioè la non candidabilità dei condannati, alla protezione di chi denuncia illeciti nella pubblica amministrazione, dalla trasparenza, battaglia storica della radicale Rita Bernardini,basata sull’anagrafe pubblica degli eletti con rendicontazione in rete, alle incompatibilità per i magistrati.

C’È POI


il capitolo spinoso delle convenzioni internazionali mai ratificate dal Parlamento. Sul trattato di Strasburgo contro la corruzione, per esempio, c’è un ddl, approvato da tempo in Commissione giustizia del Senato, ma mai giunto in aula. «Proprio ieri — annuncia Li Gotti — il presidente Schifani mi ha assicurato che entro due settimane sarà avviato alla discussione plenaria». Una vera svolta. Verrebbero introdotti i reati di autoriciclaggio, interferenza illecità (l’ex millantato credito) e l’estorsione al posto della concussione.